NOTA AGENTE MEGAN SU L'AQUILA E LA PIOVRA

Dal grembo di Maia nascono gli eroi contromano Questo è solo un piccolo pensiero che dedico al mio amico Gianni Palagonia, che amo definire “un eroe contromano”. Lo faccio ricordando che l’appellativo venne usato per sollecitare il presidente Ciampi affinchè apponesse la firma per la nomina a senatore a vita del compianto giudice Caponnetto. Stasera mi approprio di questo neologismo -e me ne scuso-perchè credo che l’Italia custodisca tanti eroi contromano e i loro meriti; solo che nessuno lo sa. Parlo delle “belle persone”, di coloro che riescono a catturarti con la bellezza, nei gesti, nelle parole, nelle azioni quotidiane. Credo di averne conosciuti diversi nel corso della mia vita; soggetti schivi, talvolta troppo silenziosi, appassionati del proprio lavoro da arrivare al punto di esporsi e di pagare di persona i rischi che un mestiere onesto impone. Solo ora credo di aver raggiunto la serenità giusta per raccontarvi una storia; o meglio, per poter raccontare la storia di un’amicizia ma anche di un amore. L’amore di un umile eroe contromano che rinnegando ogni compromesso, si rinnova ogni giorno raccontandosi. e raccontando la sua vita professionale. Gianni Palagonia potrebbe identificarsi nel mito di Ermes, perchè come il figlio illegittimo di Zeus, che riuscì spesso a trarsi d’impiccio da molte situazioni suonando la lira, Gianni Palagonia con la sua intraprendenza e tenacia, attraverso la scrittura, rivive oggi l’avventura della sua vita. Oggi, per questo eroe contromano, ho tirato fuori da una vecchia borsa un lacero block-notes con la copertina a fiori. Avevo annotato alcuni passaggi del libro “L’Aquila e la piovra” di Gianni Palagonia; abitudine che avevo da ragazza quando mi rifugiavo nella scrittura per non comunicare con gli altri o perchè semplicemente ero arrabbiata col mondo. Sorrido notando che tra le parole tratte dal libro avevo sottolineato il termine “sbirro antimafia”. Due termini che ho da sempre odiato; l’uno dispregiativo e scapigliato, l’altro fin troppo riduttivo perchè apparentemente ristretto ad un campo investigativo e troppo spesso abusato in ambito sociale. Mi verrebbe da chiedere all’autore cosa pensa dei trasformismi subìti dal pensiero mafioso negli ultimi 50 anni. Leggevo che già alla fine del 1800, per Giuseppe Pitrè la mafia «non è setta né associazione, non ha regolamenti né statuti, [...] il mafioso non è un ladro, non è un malandrino [...]; la mafia è la coscienza del proprio essere, l’esagerato e arrogante concetto della propria forza individuale”. Ebbene questa definizone del Pitrè l’ho ritrovata, talvolta percepita, in tanti passaggi del libro di Gianni Palagonia; nella storia agghiacciante di Anastasia, nelle atroci violenze subite da questa donna; l’ho ritrovata nell’arroganza dei partiti politici in terra d'Albania, totalmente asserviti a logiche di potere (criminale). Ritrovo un pensiero mafioso-istituzionale quando l’autore racconta di minorenni detenuti in luoghi angusti occupati da fuorilegge che avevano superato da tempo l’età della ragione, bandendo così ogni forma di recupero sociale per questi ragazzi. E penso che quando un governo non coltiva il sapere, la cultura e costringe il proprio popolo a vivere nella crudeltà di ogni forma di violenza, rinnegando ogni diritto alla crescita culturale, siamo dinanzi ad uno dei più gravi crimini per l’umanità. Il libro è un continuo tuffo dentro quella che Primo Levi avrebbe forse definito «zona grigia», frutto come sempre di dissennate politiche sociali che non hanno uno spazio, un territorio o confini precisi. Possono nascere e proliferare ovunque. Sono solo il frutto proprio di quel pensiero “mafioso esagerato e arrogante che può esprimere così la propria forza individuale” in ogni dove. Avvincente “L’Aquila e la piovra”, lo leggi tutto d’un fiato. L’autore non manca di dipingere le sue pagine con tenui note di colore e romanticismo, soprattutto quando avverti che quel rinnovamento e quella rinascita del protagonista, la si deve a un sentimento unico e irrefrenabile che gli è scoppiato nel cuore quando incontra sulla sua strada la dolce Viola. La fatica per questo grande amico sarà ancora tanta, ma so che lo spronerà sempre quell’energia sufficiente per cambiare il mondo intorno e che, in fondo, non l’ha mai abbandonato. A Gianni: prendi questa tua rinascita come un riscoprire se stessi in un mare contaminato da troppi rancori, diritti violati e illegalità dffuse, dove però c’è ancora spazio per un po’ d’amore. Così io ti saluto figlio di Zeus e Maia, "e mi ricorderò di te e di un altro canto ancora” (Inni omerici)

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