IL FIGLIO DI RIINA SI MANIFESTA PUBBLICAMENTE ANCORA UNA VOLTA CON IL SUO MODO DI PENSARE E SENTIRE MAFIOSO di Giuseppe Lumia


 IL FIGLIO DI RIINA SI MANIFESTA PUBBLICAMENTE ANCORA UNA VOLTA CON IL SUO MODO DI PENSARE E SENTIRE MAFIOSO


Non è un fatto di cronaca locale o un episodio marginale. Il figlio di Totò Riina ha scritto chiaramente: abito in “Via Scorsone 34”, una strada di Corleone che invece nel frattempo era stata ridenominata “Via Cesare Terranova”, perché dedicata al Giudice ucciso proprio dai boss guidati da Riina, Provenzano e Bagarella. Parole che rappresentano una chiara sfida alla società civile e allo Stato da parte di chi con arroganza non accetta le regole della legalità e un messaggio altrettanto esplicito all’interno del suo mondo al fine di marcare una presenza e una certa leadership. 


Tre sono le sfide comunque da raccogliere per mandare in frantumi il modo di “pensare e agire mafioso” di cui trasuda la scelta di osteggiare la intitolazione di una Via ad una personalità di tale livello istituzionale che ha dedicato tutta se stessa alla lotta alla mafia. 


La prima sfida è per la comunità di Corleone. È cambiata e ha fatto passi da gigante nella liberazione dalle presenze ossessive dei boss. Ma questa dichiarazione pubblica così volgare e provocatoria non va tuttavia sottovalutata. A Corleone il figlio di Riina oggi ci vive. Dopo anni di carcere, dopo l’affidamento ai servizi sociali in Veneto e in Abruzzo, il suo ritorno nella città di origine la dice lunga su quali siano le sue reali intenzioni. Allora è necessario riprendere il filo della rigenerazione e della liberazione dalle mafie con coraggio e progettualità culturale, educativa, sociale, economica e politica. 


La seconda sfida è per le istituzioni democratiche. Anche a questo livello bisogna comprendere che abbassare l’attenzione, pensando che la vittoria è compiuta, sarebbe devastante. I successi ottenuti nei confronti di Riina, Provenzano e Bagarella sono innegabili, ma sono ancora in giro tanti altri loro accoliti che vanno bloccati per tempo e colpiti sistematicamente innanzitutto con le misure di prevenzione patrimoniale e con il massimo rigore penale. 


La terza sfida riguarda la credibilità dello stesso Stato. Le ricchezze dei boss-padri sono ancora nelle disponibilità potenziali dei figli. Ci sono anche verità sui grandi delitti politico-mafiosi, sulle stragi 92-93 e sulle varie collusioni che non possono essere lasciate nelle mani ricattatorie dei figli. C’è quindi bisogno di intervenire anche su questi due importanti aspetti con la più moderna ed efficace “antimafia del giorno prima” ed evitare di rincorrere affannosamente i nuovi boss con la classica “antimafia del giorno dopo”.

Commenti