MAFIA: UN PROBLEMA SOLO ITALIANO? COME OPERA LA MAFIA IN GERMANIA E IN EUROPA

       


 INCONTRO CON I JUSOS DI BAVIERA E NORIMBERGA


Norimberga, sabato 2 marzo 2024


MAFIA: UN PROBLEMA SOLO ITALIANO? 

COME OPERA LA MAFIA IN GERMANIA E IN EUROPA


di Giuseppe Lumia


PREMESSA


Mi fa molto piacere partecipare ad un incontro dedicato all’impegno contro le mafie. Non è una scelta semplice e scontata. Ecco perché mi sono reso disponibile e ho accettato di buon grado l’invito di una storica organizzazione come i Jusos, che si stanno dimostrando molto sensibili a questo tema e pronti ad un’attività importante e decisiva per il destino di molti territori e per alcuni versi delle nostre stesse democrazie. 

È risaputo che le nuove generazioni si ritrovano sulle spalle compiti immani. Nel cammino travagliato della storia a volte ci si trova di fronte a responsabilità a cui non ci si può sottrarre. Voi siete la generazione che dovrà misurarsi con sfide drammatiche, come il cambiamento climatico, la diffusione delle disuguaglianze, il proliferare delle guerre, l’innovazione dell’intelligenza artificiale. Ve ne aggiungo un’altra: la liberazione dalle mafie. È possibile su questa sfida ottenere buoni risultati? Sì, è possibile. Abbiamo maturato ormai un vantaggio eccezionale, che va valorizzato e non sprecato. Mi riferisco al livello di conoscenza che si è raggiunto. È anche disponibile una gamma di interventi in grado di colpire in profondità le mafie a tutti i livelli: sul piano giudiziario e repressivo, su quello economico-finanziario, su quello sociale e culturale, su quello politico-istituzionale. 

È necessario però assumere un piglio progettuale e apprestarsi alla “scelta delle scelte”: inserire la lotta alle mafie tra le priorità dell’agire sociale, politico e culturale. Voi giovani motivati e preparati potete essere la leva per aiutare le nostre democrazie e l’Europa a fare questo grande salto di qualità. 

In Italia, nel mondo del volontariato, abbiamo avuto una crescita straordinaria grazie soprattutto ai giovani nella gestione dei beni confiscati e nel loro riutilizzo sociale. Alcuni campi agricoli prima in mano alla mafia adesso sono aziende che producono i migliori prodotti con il marchio dell’antimafia: dall’olio al vino, dai pomodori alla pasta. Anche nella scuola intere generazioni si stanno misurando con la necessità di liberarsi dal pensare e sentire mafioso, che inquina le comunità e crea l’humus sociale nel quale le mafie affondano per reclutare i giovani.

Non è stato un cammino semplice: si è dovuto pagare un prezzo di sangue elevatissimo. In questa lotta sono caduti magistrati, esponenti delle forze dell’ordine, giornalisti, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici. 

La mia esperienza si è forgiata sul campo, prima in Sicilia e poi in Parlamento. Ho guidato la Commissione parlamentare antimafia, ne ho fatto parte con diversi ruoli per 22 anni e su di me ancora pende una condanna a morte. Anch’io ho dovuto cambiare tantissimo nella gestione della mia quotidianità e privarmi delle più elementari condizioni di mobilità e di vivibilità. Non sempre si ottengono i consensi adeguati, ma vi assicuro che ne vale la pena e nella lotta alle mafie si richiede il meglio di ognuno di noi. Tra l’altro è un dovere sociale e politico a cui non possiamo sottrarci.

Allora predisponiamoci insieme a una riflessione che sposta l’attenzione dall’effetto sensazionalistico alle cause più profonde. Non dobbiamo limitarci ad analizzare quei fatti di cronaca che ci dimostrano la presenza delle mafie nei territori europei, compresa la vostra Germania. Basta essere un po’ attenti e collegarsi a qualunque sito specializzato per avere notizie e documentazione. 

Penso sia più utile condividere una lettura sulle mafie che va a monte, per provare realmente a capire dove sta la forza del fenomeno mafioso e come avviare un incisivo percorso di liberazione.



LE MAFIE SONO UNA REALTÀ DEVASTANTE CON CUI FARE I CONTI

Le mafie sono sempre più una drammatica realtà. 

Alcuni settori dell’economia illegale sono in piena espansione. L’elenco è lunghissimo: le estorsioni, innanzitutto, il controllo della prostituzione e la tratta degli esseri umani, a danno soprattutto degli immigrati; non dimentichiamo poi il traffico internazionale delle armi, dei rifiuti speciali e delle scorie radioattive, dei diamanti, dell’oro, dell’argento e delle pietre preziose, di animali esotici. 

Altre attività sono quelle più consolidate, come il controllo delle risorse pubbliche, con truffe e corruzione, soprattutto del ciclo del cemento e degli appalti. Su tutte, in questo momento storico spicca il narcotraffico, che è l’attività che garantisce ricchezze smisurate e tiene insieme tutte le mafie

La ricchezza illegale così accumulata alimenta l’economia legale grazie all’attività di riciclaggio, che non subisce tuttora un contrasto adeguato e così si rischia di trovarci di fronte un inquinamento economico di portata storica. Esiste una miriade di professionisti, i cosiddetti “colletti bianchi”, che sono al servizio delle attività mafiose soprattutto nel passaggio dall’economia illegale a quella legale, sino a creare una miscela in cui non si è più in grado di distinguere la parte sana da quella inquinata delle attività economiche e finanziarie.

Ma anche la vita sociale viene condizionata. Le mafie avanzano in molti quartieri di tutte le principali città europee e mondiali. Giorno dopo giorno conquistano, nei loro riti e traffici, giovani che pensano così di aver trovato una sorta di appartenenza, oltre alla possibilità di fare una vita agiata, nonostante il più delle volte entrare nel circuito mafioso trasforma la loro vita in una esistenza violenta e senza alcuna possibilità di realizzazione familiare, professionale e legale. Si diventa semplici “rondelle” di un ingranaggio criminale soffocante, che schiaccia qualunque vita e libertà.

Nella stessa politica, abbiamo fenomeni preoccupanti di collusione e di corruzione legati ai rapporti con le mafie, che rischiano di incrinare la credibilità delle istituzioni democratiche. In qualunque territorio in cui c’è un’organizzazione mafiosa, c’è sempre una elevata possibilità che si instaurino rapporti con la politica e le istituzioni, sia a livello locale che più in generale. Questa capacità di infiltrazione e di collusione è la caratteristica devastante delle mafie.

Come reagire? Come costruire una dimensione progettuale capace di aggredire alla radice la presenza delle mafie? Su quali basi aprire gli occhi, impegnarsi e condividere scelte, strategie e obiettivi?



NEGAZIONISMO E MINIMALISMO: UN APPROCCIO DA EVITARE

Innanzitutto bisogna curare due virus devastanti che oscurano la vista e paralizzano l’impegno contro le mafie: il negazionismo e il minimalismo

Il negazionismo è tuttora diffuso e prevale in particolare in quelle aree che non hanno una tradizionale presenza mafiosa, come il Centro-Nord dell’Italia e di diversi Paesi europei. È un fenomeno che ho potuto constatare nella mia lunga attività anche in Germania. Vi mostro alcune cartine tematiche, nelle quali è evidenziata la sola presenza delle mafie italiane in Germania, che ho inserito in un mio libro, dal titolo chiaro ed esplicito, “La ‘ndrangheta made in Germany”, che ho scritto con il giornalista ed esperto Orfeo Notaristefano dopo la strage di Duisburg del 15 agosto 2007. Una strage che è arrivata dopo che si è lasciata indisturbata la ‘ndrangheta quando investiva con il riciclaggio i proventi dal narcotraffico nella ricostruzione della ex Germania dell’Est. Prima è arrivato il denaro da riciclare, poi sono arrivate le imprese inquinate e alla fine la ‘ndrangheta ha toccato la politica. Si è sottovalutato il pericolo e ci si è scandalizzati solo quando è passata alle armi, come è successo appunto a Duisburg. Eppure anche dopo quei tragici fatti non si è imparata a sufficienza la lezione

Nella prima cartina, è indicata la presenza della ‘ndrangheta, nella seconda quella della camorra, nella terza c’è la sacra corona unita e nella quarta cosa nostra. 


Gli ultimi dati ufficiali del Governo Scholz, riferiti al 2022, parlano chiaro e non nascondono più la realtà: la Germania, come la stampa ha riportato, “ospita” 1.003 italiani considerati esponenti delle principali associazioni mafiose. Di questi, ben 519 appartengono alla ‘ndrangheta calabrese, mentre 134 sono affiliati a cosa nostra siciliana e altri 118 alla camorra campana. Bisogna inoltre aggiungere 37 esponenti della sacra corona unita pugliese e di una sua particolare organizzazione costituita dalla società foggiana, e 33 membri dell’altra organizzazione mafiosa siciliana della stidda. Infine, ci sono 162 indiziati sulla cui organizzazione mafiosa di appartenenza sono ancora in corso accertamenti. 

In Germania si stenta ancora a prendere atto che la mafia c’è, è un gravissimo problema e va combattuta.

Il negazionismo in sostanza disarma la coscienza popolare ed espone le democrazie e la politica a essere infiltrate dalle mafie e svuotate dall’interno. 

L’altro virus di cui liberarsi è il minimalismo. È una minaccia ancora più sottilmente pericolosa, perché non ha la sfrontatezza di negare la presenza delle mafie ma con tutta una serie di “però” la svilisce, la considera un piccolo effetto quasi inevitabile della produzione della ricchezza nelle nostre società, come quelle occidentali, dove il pluralismo sociale e il libero mercato non possono subire rigorosi e stringenti controlli di legalità. Non si pensa invece che proprio le libertà hanno bisogno della legalità perché legalità e sviluppo costituiscono un binomio e devono sempre camminare insieme. La legalità è una risorsa per lo sviluppo e lo sviluppo diventa al servizio del bene comune solo se scorre lungo i binari della legalità.

Il minimalismo spesso serve ai “colletti bianchi” come un alibi per coabitare con le mafie e colludere con i boss e i loro affari. Il danno in questo caso è ancora più grande del negazionismo perché crea una condizione ipocrita e contribuisce a diffondere quella sfiducia nella politica e nella democrazia che sta colpendo in particolare fasce consistenti del mondo giovanile, in tutti i settori della società europea. 

Anche in Germania il minimalismo ha consentito l’attività privilegiata delle mafie che è quella del riciclaggio. Abbiamo dati impressionanti, stimati per difetto. Pensate che sono stati accertati sino adesso guadagni illeciti per 2,3 milioni di euro nel 2022 di cui circa 683 mila recuperati. Numeri ridicoli rispetto alla reale portata del giro d’affari, che secondo la stampa ben documentata sarebbe di almeno cento miliardi di euro all’anno. C’è pertanto uno scarto tra la realtà del riciclaggio e la capacità di intervenire che sta suscitando un certo interesse anche all’interno delle istituzioni tedesche, che va sostenuto e tradotto in un impegno sistemico e costante. 

L’altra attività che alimenta il vorticoso giro d’affari delle mafie in Germania è il narcotraffico. Solo tre anni fa, nel 2021, la DIA di Torino, con l’operazione “Platinum” ha scoperto che a Überlingen si sono radicati i Giorgi, famiglia proveniente da San Luca. Lì sono conosciuti come i Boviciani e non erano considerati un clan di primo livello, ma con il traffico di droga hanno creato una rete internazionale, alleandosi con albanesi e rumeni, in grado di acquistare enormi quantitativi di cocaina, interfacciandosi direttamente con i cartelli del Sudamerica. La droga arriva nei porti della Spagna, dell’Olanda, del Belgio e della Germania, nascosta nei cargo che trasportano frutta, e purtroppo ne viene intercettata solo una piccola percentuale. In Germania, i carichi arrivano ad Amburgo, dove nel 2022 sono state sequestrate oltre 35 tonnellate di cocaina.



UN IMPEGNO ANTIMAFIA IN GERMANIA: È POSSIBILE E VA PROMOSSO.

Allora, di fronte al minimalismo e negazionismo, da dove ripartire? Qual è l’approccio giusto da utilizzare?


L’esperienza italiana può essere utile per provare a fare un salto di qualità anche in Germania. Sono tre le dimensioni su cui questa importante democrazia dovrebbe impegnare tutte le sue migliori energie.

La prima è legislativa. Bisogna che si costruisca un codice antimafia tedesco, dove viene colpita in modo efficace l’organizzazione mafiosa in quanto tale, a prescindere dai cosiddetti “reati-fine”. È necessario inoltre tracciare, senza violare la privacy, i movimenti di denaro, con un rapporto costante tra le varie banche dati e verificare la provenienza delle ricchezze che vengono introdotte nel vostro sistema economico e finanziario.

La seconda è organizzativa.  È necessario dare più potere nel vostro assetto federale alle investigazioni sulle mafie potenziando una specializzazione interna alla Polizia, che sia pari a quella realizzata nella lotta al terrorismo, con una parallela strutturazione qualificata della magistratura. 

La terza è politica. È indispensabile alimentare una strategia progettuale che faccia della lotta alla mafia una priorità e una costante attività di inchiesta all’interno del Parlamento e nei territori, in modo da rendere la politica capace di intervenire per tempo e di guidare una moderna ed efficace lotta alla mafia. 

La quarta è culturale. Non va trascurata l’azione sociale contro le mafie, che deve impegnare le scuole nel conoscere il fenomeno e le università nel ricercare le migliori soluzioni per combatterla. Così deve farsi un salto di qualità nell’informazione e nel dibattito culturale per mettere a fuoco le più adeguate conoscenze e sostenere l’impegno antimafia come una risorsa del cammino democratico.


Ma non basta il cammino delle singole democrazie. C’è una dimensione più ampia che ci riguarda come comunità europea e internazionale, perché le mafie sono tra di loro legate, integrate e agiscono in sintonia sullo scacchiere globale.

Ecco perché anche la dimensione globale è decisiva e ha ricadute in ogni singolo territorio più di quanto possiamo pensare. 

È un contesto un po’ più difficile da analizzare e su cui non è facile individuare le strategie operative e tuttavia non dobbiamo rinunciarci, per cui è necessario prestarvi la giusta attenzione. 



LE MAFIE NEI VARI CICLI DELLA GLOBALIZZAZIONE

Bisogna tener conto che il contesto attuale in cui proliferano le mafie è quello globale. La stessa dimensione temporale è quella del “just in time”. In un batter d’occhio, le mafie sono in grado di movimentare in qualunque parte del mondo traffici illeciti ed esercitare indisturbati il riciclaggio, mentre il controllo di legalità messo in atto è parziale, lento e del tutto privo di adeguati strumenti per agire sul piano globale. In sintesi, le mafie sono sempre più globali, le antimafie rimangono ancorate al massimo al livello locale. C’è un’asimmetria che rende le democrazie e le istituzioni internazionali fragili ed esposte allo strapotere delle mafie. 

Con la globalizzazione, in sostanza, dobbiamo fare sicuramente i conti. Non dobbiamo pensare con lo sguardo rivolto al passato, oppure lasciare la politica inerme e incapace di prendere le misure giuste. La politica è spiazzata, silente, sporadicamente rincorre gli effetti della globalizzazione a valle, non ha ancora saputo trovare l’approccio per una sua adeguata governance. Basti guardare ai cicli della globalizzazione per comprendere il fiato corto della politica e per constatare invece il dinamismo perverso delle mafie. 

Il Primo Ciclo è stato quello della “globalizzazione virtuosa”. È stata ritenuta tale da un coro pressoché unanime sia nella politica sia tra gli esperti per la crescita che in effetti all’inizio si era verificata a vantaggio dei Paesi emergenti. Questa è stata la fase che possiamo definire piuttosto “ingenua”. La globalizzazione è stata infatti decantata ai quattro venti, si è voluto spingerla al massimo, perché si è pensato che fosse la meta più avanzata della convivenza umana. In effetti, all’inizio ha prodotto un processo liberatorio delle energie e delle potenzialità di diversi Paesi, in particolare dei cosiddetti Paesi BRICS. Si è compreso tardi che le cose non erano del tutto semplici e migliorative. Le mafie e le illegalità diffuse venivano pertanto considerate per lo più un inevitabile effetto collaterale dello sviluppo inedito delle società, avanzate e non. 

La politica si è limitata ad osservare e ha lasciato che il fenomeno della globalizzazione scorresse lungo i binari dell’economia senza regole. 

È seguito rapidamente un Secondo Ciclo, quello della “globalizzazione finanziaria”. L’economia reale, quella produttiva, si è fatta travolgere facilmente prima da quella dei titoli in Borsa e poi da quella più moderna delle transazioni elettroniche. La cosiddetta finanziarizzazione dell’economia ha dominato via via gli scambi, ha determinato nuove gerarchie e spostato i luoghi decisionali del vero potere economico. Ma anche questo ciclo ha gettato presto la sua maschera, spingendo interessi economici e diversi Paesi sull’orlo del disastro. Nel 2008, la crisi è esplosa anche nei Paesi occidentali e nella nostra stessa Europa, con drammatiche conseguenze sociali in termini di diffusione di disuguaglianze e povertà. Le mafie non sono rimaste a guardare e non sono state più solo un effetto collaterale della globalizzazione, ma sono divenute parte integrante di un certo modello di sviluppo, privo di governance e di standard di tutela dei diritti umani e dei vincoli sociali e ambientali. 

La politica ha perso un’occasione preziosa, si è limitata a piccole correzioni, per evitare i crolli soprattutto del sistema bancario e non ha imboccato la strada di una progettualità in grado di stabilire regole di governo globale dell’economia e delle transazioni, secondo il modello dello sviluppo sostenibile socialmente e ambientalmente.

Siamo dentro adesso al Terzo Ciclo, quello della “globalizzazione anarchica o cinica”, caratterizzata da un’assenza di regole omogenee e dalla mancanza di soggetti in grado di garantire un’adeguata governance della globalizzazione. Niente controlli, scarsi accordi, diffusione delle mafie e dei riciclaggi. Nel ciclo attuale tutto è lecito: aggredire un Paese come l’Ucraina, sottovalutare il cambiamento climatico, lasciare ai trafficanti di esseri umani la gestione del fenomeno dell’immigrazione. Così le mafie non trovano nessun ostacolo ed entrano sempre più in simbiosi con l’economia e la società, senza avere un contrasto adeguato in termini di prevenzione e repressione. 

La politica si è lasciata addirittura trascinare dalle dinamiche populiste e sovraniste, che sono invece la soluzione peggiore di fronte ai processi di globalizzazione. È giunto il momento allora di cambiare passo e ripensare e riprogettare una nuova governance della globalizzazione. 



UNA NUOVA GOVERNANCE DELLA GLOBALIZZAZIONE, PRESUPPOSTO INDISPENSABILE PER LA LOTTA ALLE MAFIE

La lotta alla mafia non può essere affidata alla buona volontà della magistratura e delle forze dell’ordine, dei cittadini, di alcuni soggetti sociali e di singole personalità politiche. C’è bisogno di promuovere una moderna progettualità, che ha un criterio guida ben chiaro. Si tratta del legame tra legalità e sviluppo, da fare scorrere in un nuovo contesto istituzionale: Stati Uniti d’Europa e ONU.

Il contesto istituzionale deve far maturare nuove politiche pubbliche, soprattutto su aspetti delicati e controversi come la lotta alle mafie. Non può essere pertanto ristretto all’ambito nazionale, superato e incapace di tenere il passo della globalizzazione e foriero di rischiosi conflitti interni ed esterni. L’orizzonte istituzionale della governance deve avere ben altro respiro, si deve collocare a un livello almeno continentale. 

Nel nostro spazio geopolitico, bisogna guardare pertanto alla dimensione europea. Tuttavia, non dobbiamo riferirci all’attuale Europa nel suo ingessato assetto Confederale, che assegna ai singoli Stati il potere reale del governo dell’Unione Europea, con i risultati scoraggianti che conosciamo e che abbiamo sperimentato più volte: nella fallimentare gestione dei processi migratori, durante la pandemia, con l’incapacità di produrre un vaccino e una politica sanitaria condivisa. Adesso, con la guerra che la Federazione Russa sta portando avanti contro l’Ucraina, sono venuti fuori tutti i limiti della gestione comune delle politiche energetiche e sulla sicurezza.

Bisogna invece riferirsi ad un’Europa con un nuovo assetto Federale, in sostanza bisogna investire sugli Stati Uniti d’Europa. Anche le materie delle politiche pubbliche contro le mafie devono quindi trovare un solido ancoraggio in un tale livello istituzionale, per essere condivise e applicate in tutti i Paesi aderenti e per essere efficaci e in grado di orientare le scelte nella più vasta realtà della governance globale.

L’obiettivo, già dalla prossima legislatura europea, deve essere chiaro: contro le mafie è necessario costruire lo spazio giuridico, investigativo e sociale antimafia europeo. 

Per completare il quadro istituzionale, bisogna ripensare e riprogettare pure la funzione dell’ONU, nell’ottica avanzata degli Stati Uniti del Mondo. Oggi, l’ONU ha un tipo di governance interna debole e paralizzata del sistema dei “veti incrociati”. Sulle mafie ha provato più volte a definire protocolli, piani e strategie, ma senza ottenere i risultati sperati. 

Ecco perché è necessario riorganizzare il modello decisionale e prevedere per la lotta alle mafie, come naturalmente per la tutela dei diritti umani, del contrasto al cambiamento climatico e alle disuguaglianze e soprattutto per la promozione della pace, una competenza dotata di rappresentanza e di strumenti di intervento diretto tanto sul lato della prevenzione quanto su quello della repressione.

Con una struttura operativa diversa in gestione all’ONU, ad esempio si potrebbero utilizzare nella lotta al narcotraffico le nuove tecnologie per dettare norme quadro sul versante del consumo. Si potrebbe regolare l’utilizzo trasparente dei social e monitorare con sistemi satellitari avanzati i luoghi di produzione delle sostanze, come pure si potrebbe controllare la commercializzazione che oggi utilizza la rete, ampliando inoltre la sfera di intervento sui Paesi assoggettati ai narcotrafficanti con piani reali e condivisi di riconversione delle colture e con progetti di prevenzione sociale e culturale.

Le politiche pubbliche contro le mafie devono uscire fuori dagli attuali confini locali e diventare di competenza di contesti istituzionali di aree vaste di respiro continentale e mondiale. 

Così si può avere un’Agenda che sposti l’asse dell’intervento pubblico e sociale dal “giorno dopo” le aggressioni delle mafie al “giorno prima”, dove si possono ottenere i migliori risultati e si possa perseguire l’obiettivo di liberare l’umanità dalle mafie. 




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