Criminalità Nigeriana. Secondo semestre Dia 2022

  


Criminalità Nigeriana.

La criminalità nigeriana ha replicato nel continente europeo i modelli costituiti in Nigeria a seguito dell’involuzione criminale delle confraternite universitarie (c.d. cults) variamente denominate (“Eye”, “Black Axe”, “Viking”, “Maphite”) che si sono insediate anche in quasi tutte le aree della nostra penisola con presenze più o meno attive. Le attività criminali dei vari gruppi sono molte e diversificate: sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani, immigrazione illegale, spaccio di stupefacenti, frodi informatiche e riciclaggio. Per quanto si è constatato nel corso delle indagini sviluppate dalle Forze di Polizia, i proventi dell’attività delittuosa verrebbero rimessi in Nigeria con vari espedienti e modalità. Peraltro, in alcune inchieste sono emersi indizi di occasionali, contingenti collaborazioni tra soggetti nigeriani e gruppi italiani finalizzati al riciclaggio di proventi illeciti ma, allo stato, non sembrerebbero comprovare stabili cooperazioni. Occorre, tuttavia, porre la massima attenzione nel contrastodelle collaborazioni tra la criminalità organizzata nostrana e i cult nigeriani in quanto un eventuale consolidamento di queste relazioni potrebbe segnare “un cambio di passo gravido di sciagurate conseguenze”.Le organizzazioni nigeriane si manifestano con le caratteristiche tipiche dei sodalizi autoctoni, quali il capillare controllo di aree territoriali, l’omertà, l’assoggettamento delle vittime ed il rigido vincolo associativo. L’elevato livello organizzativo e la pericolosità delle consorterie nigeriane sono testimoniati dal carattere di mafiosità ormai giudizialmente riconosciuta. Si tratta di una criminalità etnica dotata di una struttura “multilivello” in cui una parte dei sodali opera nella veste di semplice manovalanza. La mafia nigeriana, alla stessa stregua di quella albanese, ha evidenziato in diversi contesti investigativi una configurazione simile a quella della ‘ndrangheta poiché i diversi gruppi criminali hanno un’autonomia d’azione a livello locale ma, comunque, devono corrispondere alle direttive strategiche della casa madre. Sotto il profilo della pericolosità economica e sociale risultano determinanti i c.d. secret cults, i cui tratti tipici sono l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento e, più in generale, un modus agendi che la Corte di Cassazione ha più volte qualificato come tipica connotazione di “mafiosità”. Significative nel senso anche le motivazioni con la quale la Corte d’Appello di Torino ha condannato per associazione mafiosa i componenti di due organizzazioni nigeriane, i MAPHITE e gli EIYE, tra loro contrapposti (operazione “Athenaeum”). Il consolidamento e l’affermazione della mafia nigeriana si registra anche nel restante territorio nazionale e persino in Sicilia dove la pervasività di cosa nostra lascia ben pochi margini di radicamento allogeno. Non sempre, tuttavia, la connotazione mafiosa contestata ad un gruppo criminale nigeriano strutturato trova conferma nei differenti gradi di giudizio. Al riguardo, si segnala la recente sentenza con la quale la Corte d’Assise d’Appello di Palermo si è pronunciata per l’assoluzione dal delitto di cui all’art. 416 bis c.p., per 4 dei 5 nigeriani appartenenti all’associazione criminale Black Axe, ritenendo insufficientee contraddittoria la prova dell’associazione mafiosa oggetto di imputazione in primo grado. L’excursus seguito dai giudici di seconde cure appare interessante - per quello che qui rileva - quando ricostruisce in maniera organica i rapporti con cosa nostra alla luce delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia. Dalle propalazioni in argomento si evince che la famiglia di BALLARÒ si sarebbe avvalsa di nigeriani come manovalanza nello spaccio di stupefacenti rimarcando, appunto, la particolare pregnanza dell’espressione “li usavano”, indicativa del mero impiego dei nigeriani - da parte degli esponenti di cosa nostra - nella suddetta attività illecita. Inoltre, per i giudici di secondo grado, sintomatico è il termine “picciotti” riferito a costoro, tanto che un trafficante di droga aveva definito uno dei nigeriani “un bravo ragazzo…si mette a disposizione”, espressione rappresentativa della disponibilità dei nigeriani nei confronti dei responsabili dello spaccio controllato dalla famiglia mafiosa di BALLARÒ. Dal narrato dei collaboratori di giustizia italiani la Corte, questa volta, trae non già la prova dell’esistenza di una autonoma associazione criminale avente i connotati della mafiosità richiesti dal 416 bis c.p. distinta da cosa nostra e accreditata presso quest’ultima, bensì l’operatività di singoli criminali nigeriani impegnati, a titolo personale, nello spaccio degli stupefacenti e pure disponibili a coadiuvare, sempre a titolo personale, i mafiosi siciliani attivi in tale settore. Il Tribunale di L’Aquila, con la sentenza emessa il 16 maggio 2022 (operazione “Hello Bros”), ha condannato 6 nigeriani per associazione di tipo mafioso ed altro, 2 dei quali dimoranti in Emilia Romagna ove sono stati consumati diversi reati fine. Analoghi risultati erano stati raggiunti nel luglio 2020 con il gruppo degli EIYE. La consapevolezza della complessità e la conseguente difficoltà di eradicamento delle organizzazioni criminali nigeriane emergono chiaramente dalle parole del Procuratore Distrettuale della Repubblica di L’Aquila, Michele Renzo: “occorre tuttavia essere consapevoli che queste attività - sebbene indispensabili per l’acquisizione di un patrimonio informativo e per il contenimento del fenomeno - non possono ancora portare alla completa disarticolazione dei gruppi mafiosi nigeriani. Essi sono infatti profondamente radicati nel tessuto sociale della Nigeria e sono quindi proporzionalmente presenti nei flussi migratori espressi da quella nazione”. L’operatività della criminalità nigeriana, pur estendendosi a plurimi fenomeni criminali, è ormai consolidata nel finanziamento e nella gestione del narcotraffico internazionale. Tale consolidamento è favorito dall’utilizzo di sistemi di pagamento informali avulsi totalmente dai circuiti finanziari legali, quindi non tracciati e, come tali, difficilmente intercettabili. Per questa ragione è quasi sempre preclusa la possibilità, per tutti gli organismi istituzionali, ivi comprese le stesse Forze di Polizia, risalire all’origine, alla circolazione e alla stessa destinazionefinale dei flussi finanziari movimentati, segnatamente di quelli derivanti da attività illecite. Le risultanze investigative hanno evidenziato, in particolare, almeno 3 sistemi informali utilizzati dalle organizzazioni criminali nigeriane. Quello più conosciuto è sicuramente il c.d. “hawala”, una sorta di intermediazione non normata, presente nella legge islamica, ritenuta particolarmente insidiosa tanto per la effettiva destinazione dei fondi così raccolti, quanto per il rischio che gli stessi possano finanziare terrorismo o attività illecite. L’hawala è un vero e proprio sistema di movimentazioni finanziarie basato sulla fiducia e sulla compensazione fra crediti che consente anonimato e non tracciabilità. La spiccata propensione della criminalità nigeriana a modernizzare le proprie attività ha inoltre consentito la creazione di una “hawala informatica” che interpone un ulteriore livello di protezione nel compimento on line delle predette operazioni per eludere la rete di controlli del sistema bancario. Il metodo “euro to euro” è invece un sistema di intermediazione finanziaria illegale, gestito esclusivamente da nigeriani, alternativo ai circuiti ufficiali dei money transfer e fondato sulla movimentazione di contante a mezzo di corrieri transfrontalieri. Il circuito è alimentato da una serie di centri di raccolta, sparsi nel territorio nazionale, direttamente collegati ad omologhi punti in madrepatria, presso i quali è possibile incassare, entro 24 ore, le remissioni di provvista. Vi è poi l’osusu, ovvero contribuzione, una forma di occultamento e di reinvestimento del denaro, praticata soprattutto dai circuiti criminali nigeriani dediti allo sfruttamento della prostituzione. Si tratta di una sorta di cassa comune, sovente frutto di un accordo all’interno di un gruppo di maman, alimentata dal versamento periodico da parte di ciascuna di esse, a scadenze prefissate, di una quota di denaro e nella possibilità di utilizzo del totale delle quote versate assegnate a turno ad una maman. Si procede sino a quando tutti i membri non abbiano goduto del capitale di volta in volta accumulato. In questo modo, ciascuno dei partecipanti all’osusu può disporre di una cifra in denaro elevata così da poter saldare debiti o “acquistare” nuove donne da avviare alla prostituzione. Il sistema non consente la tracciabilità del denaro, annullando drasticamente il rischio di essere intercettati dalle forze dell’ordine. Nel tratteggiare le più significative operazioni polizia condotte nel semestre in riferimento si seguiranno, come già fatto per la criminalità albanese, i settori criminali di priorità indicati dal Consiglio UE.

Tratta di esseri umani

Nel semestre in corso, con la sentenza di primo grado, emessa il 19 luglio 2022 è stata riconosciuta l’esistenza di 2 associazioni criminali nigeriane di tipo mafioso denominate “Supreme Vikings Confraternity” (o ROSSI), e “Supreme EIYE Confraternity” (o BLUE), ritenute attive dal 2016 al 2018 nella città di Bari e precisamente nel C.A.R.A. di Palese dove avevano la loro base, con ramificazioni anche nella provincia. Si tratta degli esiti del processo scaturito dall’operazione “Drill” condotta a carico di 32 presunti componenti dei suddetti clan nigeriani, ritenuti responsabili, a vario titolo, di numerosi reati, tra cui associazione mafiosa, estorsione, induzione e sfruttamento della prostituzione e riduzione in schiavitù. Di fondamentale importanza è stata la condivisione da parte del Tribunale del carattere di mafiosità riconosciuto alle associazioni criminali nigeriane, operanti nel territorio barese e con base nel C.A.R.A. di Bari Palese. Il Giudice, infatti, ha riconosciuto l’esistenza delle compagini associative di tipo mafioso di matrice cultista dei VIKINGS (o ROSSI) e degli EIYE (o BLUE), operative dall’anno 2016 al 2018. Il primo sodalizio - ha accertato il Tribunale - era caratterizzato dal ricorso ai riti - anche cruenti - di affiliazione mafiosa, in forza dei quali gli adepti conseguivano la protezione ed erano tenuti a partecipare a riunioni associative ed al versamento periodico di somme di denaro in favore delle casse del clan, che aveva una rigida struttura gerarchica con suddivisione dei ruoli. Nello specifico il soggetto posto al vertice del sodalizio ricopriva la posizione apicale in qualità di “Emeretus” e poteva contare sulla sua catena di comando costituita dagli altri adepti in posizione subalterna, nonché sulla rigorosa osservanza delle regole e della rigida disciplina, la cui trasgressione veniva severamente punita con il drill, cioè con le punizioni previste dal clan. Il sodalizio mafioso disponeva di armi, soprattutto bianche, che nascondeva in vere e proprie cupe ed utilizzava per intimorire gli avversari e coloro che volevano sottrarsi alla forza del sodalizio, nonché per il controllo del territorio. Il clan, le cui principali attività illecite erano costituite dal controllo della prostituzione e dell’accattonaggio, manifestava e difendeva la propria supremazia anche nei confronti di altre consorterie criminali nigeriane, tra cui appunto quella dei “Supreme EIYE Confraternity” (o BLUE), caratterizzata anch’essa da connotazioni tipiche delle associazioni mafiose, con la quale sono stati documentati violenti scontri. Il provvedimento individua anche il soggetto posto in posizione apicale di questo sodalizio, coadiuvato da una serie di vari soggetti con ruoli di responsabilità, in grado di convocare anche meeting, da tenersi nella città di Bari, tra tutti gli esponenti apicali dell’organizzazione dei BLUE nel mondo. Sempre in tema di tratta di esseri umani connessa con il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione, il 13 dicembre 2022 la Polizia di Stato di Lodi, nell’ambito dell’operazione “Rue Noir”, ha eseguito una misura cautelare emessa dal GIP di Milano a carico di 5 nigeriani, tra cui 2 donne, accusati di tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, favoreggiamento/sfruttamento della prostituzione e tentata estorsione. Nel dettaglio, la vicenda riguarda la tratta di ragazze nigeriane che, dopo essere state reclutate in Nigeria o in Libia, venivano accompagnate in Italia da membri del gruppo, attraverso passaggi su barconi, accolte presso i centri di accoglienza e, da lì, condotte nell’hinterland milanese. In questa condizione, sotto il controllo di membri dell’organizzazione, con minacce, percosse e altre gravi violenze fisiche, venivano avviate alla prostituzione, attività ordinata da una “maman” che ne curava l’impiego e la gestione dei profitti. Le donne venivano preventivamente sottoposte nel loro Paese a riti voodoo che, intimorendole sulle possibili ritorsioni esoteriche, paventate anche a danno dei familiari, le rendevano fedeli garanti del debito da cui erano gravate per pagare il viaggio in Europa.

Traffico di stupefacenti

Il 27 luglio 2022, la Polizia di Stato di Taranto ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 33 nigeriani facenti parte di un’associazione per delinquere, operante su Taranto e Bari, finalizzata allo spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione e riciclaggio. Significative anche le risultanze investigative dell’operazione “Axe”, eseguita dai Carabinieri di Campobasso il 20 settembre 2022 nei confronti di un’organizzazione composta da ghanesie nigeriani i cui 3 partecipi, attinti da ordinanza di misura cautelare, sono stati ritenuti responsabili dei reati di spaccio di cocaina commessi tra marzo 2020 e novembre 2021, nellaprovincia di Campobasso. Il 27 settembre 2022, la Polizia di Stato di Padova ha rintracciato e tratto in arresto un latitante nigeriano appartenente al cult dei “Maphite”, organizzazione operativa nel centro-nord Italia e già condannato nell’ambito del processo denominato “Maphite - Bibbia verde”, celebrato innanzi al Tribunale di Torino. Il 1° ottobre 2022, la Polizia di Stato di Padova ha tratto in arresto un altro nigeriano, appartenente al cult dei “Maphite”, sottrattosi alla cattura e già condannato nell’ambito del processo denominato “Maphite- Bibbia verde”. La presenza della mafia nigeriana nelle province di Padova e Venezia e delle connesse lotte intestine era già stata confermata nella recente sentenza di condanna106 emessa il 10 giugno 2021 dal GIP di Bologna nei confronti degli appartenenti al clan nigeriano dei VIKINGS-AROBAGA nell’ambito della operazione “Signal” condotta dalla Polizia di Stato di Ferrara nel mese di ottobre del 2020 a carico di soggetti accusati di associazione mafiosa finalizzata al traffico di eroina e cocaina. La città di Ferrara rappresenta un importante centro nelle dinamiche criminali interne alla “diaspora nigeriana” presente in Italia. La creazione di aree di influenza locale, infatti, vede coinvolti diversi sodalizi di matrice cultista. Esemplare, in tal senso, è il gruppo cultista denominato “Supreme Vikings Confraternity” o “Arobaga” che rappresenta il più influente sodalizio tra le varie confraternite presenti nella città estense, dedito allo spaccio di stupefacenti e allo sfruttamento della prostituzione, ma anche alla raccolta di proventi derivanti dall’accattonaggio all’esterno di esercizi commerciali e dal favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tramite imprese compiacenti, intestate a connazionali e non, che effettuano fittizie assunzioni di nigeriani al fine di ottenere, dalle Autorità competenti, il rinnovo/rilascio del permesso di soggiorno. Tra le attività del gruppo criminale rientrano anche il trasferimento di denaro verso la Nigeria, con il sistema c.d. eurotoeuro ovvero del microcredito denominato osusu/isusu (già in precedenza descritti), l’invio di container in Nigeria con merce di vario genere, nonché la protezione dei titolari di esercizi pubblici aderenti al sodalizio.

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