FOCUS
MAFIA IN TOSCANA 2018
LA
TOSCANA È TERRA DI CRIMINALITÀ ORGANIZZATA
LA
TOSCANA È IN PARTE COLONIZZATA DALLA MAFIA... E FATTURA OLTRE 15
MILIARDI DI EURO
di
Salvatore Calleri e Renato Scalia
INDICE
LUOGHI
COMUNI
PROLOGO
RIFLESSIVO N.1
PROLOGO
RIFLESSIVO N.2
RELAZIONI
ANTIMAFIA
TOSCANA
COLONIZZATA
CRIMINALITA'
ORGANIZZATA CINESE
MAFIA
E/O CRIMINALITA' ORGANIZZATA CINESE
CONCLUSIONI
LUOGHI
COMUNI
La
mafia e i luoghi comuni. Vediamo quali sono.
1)
La mafia non esiste. Oramai è stato appurato il contrario.
Sino al maxiprocesso del 1986 di Caponnetto era il più diffuso.
2)
La mafia se esiste è puramente un fenomeno criminale.
Persiste ancora e favorisce la sottovalutazione del problema. Se
fosse un puro e semplice fenomeno criminale sarebbe stata già
debellata da tempo.
3)
Si ammazzano tra di loro, a noi non interessa. Errato. Quando
c'è una guerra di mafia, chi rimane vivo rafforza il proprio gruppo
e aumentano i problemi.
4)
Non si deve parlare di mafia perché si rovina la reputazione di
un territorio. Errore gravissimo che tuttora persiste in quasi
tutto il nord e, in parte, del centro e del sud. Non parlare di mafia
favorisce la sua espansione.
5)
Teoria dell'isola felice. Non esistono luoghi nel nostro paese
ed in Europa ove la mafia, in qualche sua forma, non sia presente.
Questo errore di valutazione ad oggi persiste specialmente nel centro
nord.
6)
La mafia nasce dalla povertà. Al contrario la mafia nasce nei
territori potenzialmente ricchi e li rende poveri. In Sicilia cosa
nostra ha iniziato nella conca d'oro con il traffico di limoni.
7)
Teoria della totale sconfitta dopo gli ultimi arresti. Errore
strategico già commesso nel 1996. Mai vendere la pelle dell'orso
prima della sua morte.
8)
La mafia una volta era buona. Falso non lo è mai stata.
9)
Di mafia straniera non bisogna parlarne perché si rischia di fare
razzismo. Errore grave perché parlarne significa aiutare gli
stranieri onesti.
10)
Non si fanno passi avanti. Falso. In Italia ne sono stati
fatti molti. Non bastano però in quanto bisogna agire sul piano
internazionale. In Europa sono messi peggio.
11)
Ci prendiamo solo i soldi del riciclo dei mafiosi, tanto i mafiosi
non arrivano. Falso. I mafiosi arrivano sempre.
12)
La mafia è invincibile. Non è vero. I danni che ha subito
sono notevoli.
13)
La mafia dà lavoro. Falso. Se fosse vero Reggio Calabria,
Palermo e Napoli non avrebbero disoccupati, anche se in determinate
situazioni l'unico lavoro possibile è quello offerto dai mafiosi
dopo la distruzione del territorio.
14) La mafia non spara più. Falso. La mafia quando serve spara ed uccide.
14) La mafia non spara più. Falso. La mafia quando serve spara ed uccide.
La
mafia è un virus. Un virus mutante. Superare i luoghi comuni è come
un vaccino e rappresenta un primo passo per sconfiggerla.
PROLOGO
RIFLESSIVO N.1
La
Toscana non è una terra di mafia ma la mafia c’è. È uno
slogan creato dalla Fondazione Caponnetto una decina di anni fa.
Una
decina di anni fa appunto. In quel periodo era quasi rivoluzionario
parlare di Toscana terra non di mafia in cui la mafia c’è. Oggi
invece quando lo rilanciano altre organizzazioni in altre situazioni
è diventato quasi uno slogan soporifero e tranquillizzante.
Va
quindi cambiato. Vediamo perché.
La
Toscana oggi è una terra con alcuni punti deboli in un momento tra
l’altro il cui quadro sociale è cambiato.
Il
principale punto debole è quello che in Toscana esiste la automertà,
ossia la paura di affrontare la mafia in modo effettivo e non a
parole. La paura di vedere che la mafia e la criminalità organizzata
sono molto presenti. La paura di dover riconoscere che in Toscana si
sversano i rifiuti.
Negli
ultimi tempi sono avvenuti alcuni cambiamenti culturali che aprono
nuovi scenari.
Vediamo
i cambiamenti.
Come
già detto la questione rifiuti determina un mutamento epocale nel
disagio che subisce la Toscana. Nel 2013 la camorra sversava. Nel
2017 imprenditori locali sversano con intercettazioni choc,
paragonabili a quelle dei peggiori camorristi: “che muoiano i
bambini non m’importa”.
Nel
2017 al mercato ortofrutticolo di Firenze un imprenditore locale si
rivolgeva alla ‘ndrangheta per riscuotere un debito. Segnale
bruttissimo.
Negli
ultimi anni ci sono state importantissime operazioni di polizia
giudiziaria nell'ambito del porto di Livorno, dalle quali è emerso
l’interesse criminale della ‘ndrangheta nei confronti dello scalo
marittimo toscano. Le 'ndrine lo utilizzano per i suoi traffici.
Quando
un'organizzazione criminale usa un porto, in parte lo controlla.
Alcune
inchieste hanno anche messo in luce la presenza sul territorio di
cartelli di imprese, costituite appositamente per truccare gare di
appalto e permettere la rotazione delle ditte.
La
situazione è quindi grave e da non sottovalutare.
È
assolutamente necessario adeguare i parametri per essere un passo
avanti alla mafia.
Oggi
la Toscana se da un lato è sicuramente meglio delle realtà del sud
ad alta densità mafiosa, dall’altro è peggiorata, al punto tale
che si può definire terra di colonizzazione mafiosa. Oltre a ciò
stiamo assistendo anche ad un utilizzo di metodi mafiosi anche da
parte di persone toscane.
Pertanto,
è giunto il momento di sostituire lo slogan “la Toscana non è
terra di mafia, ma la mafia c’è” con il seguente: “la Toscana
è terra di criminalità organizzata, la Toscana è in parte
colonizzata dalla mafia”.
PROLOGO
RIFLESSIVO N. 2
Non
bisogna essere scienziati per dire che la mafia in Toscana c'è.
Sono
anni che la Fondazione Antonino Caponnetto denuncia il radicamento,
ormai trasformatosi in "colonizzazione", della mafia nel
territorio toscano.
Mai
nessuno in tutti questi anni – ne sono passati troppi - ha colto il
grido di allarme più volte lanciato, anche con rapporti dettagliati,
dalla Fondazione.
Solo
negli ultimi mesi qualcuno con colpevole ritardo, si è "svegliato"
e si è ufficialmente reso conto – pagando anche un conto salato -
della presenza del crimine organizzato in Regione.
Eppure
le analisi della Fondazione Caponnetto non erano voli pindarici, ma
ragionamenti supportati da riscontri oggettivi.
La
puntuale e attenta lettura dei comunicati stampa delle Forze di
polizia ma, soprattutto, delle relazioni annuali e semestrali delle
strutture investigative e giudiziarie dell'Antimafia, è stata
fondamentale per fare una precisa descrizione, anche storica, delle
infiltrazioni criminali nei settori economici della regione Toscana.
Prima
di iniziare il resoconto dell'anno passato, è utile leggere anche le
ultime relazioni dell'Antimafia.
RELAZIONI
ANTIMAFIA
- Direzione investigativa antimafia, II° semestre 2016
[...]
CAMORRA
E RIFIUTI IN TOSCANA - In
Toscana la camorra
appare variamente distribuita, con insediamenti
più significativi in Versilia e nella provincia di Prato.
L’organizzazione mira a mantenere un profilo basso, senza ricorrere
ad azioni criminali che possano destare clamore e quindi sollecitare
l’attenzione degli inquirenti. Sul
territorio operano sodalizi casertani e clan napoletani,
che gestirebbero - senza apparenti conflitti - le attività illecite.
Tra queste, l’illecito
smaltimento dei rifiuti
- business in cui la camorra ha assunto negli anni un’elevata
specializzazione - si conferma un settore di riferimento anche sulla
Toscana. È quanto si rileva da un’indagine, già richiamata
nell’analisi introduttiva al presente capitolo, conclusa nel mese
di settembre dalla Guardia di Finanza. Le investigazioni
(procedimento penale 5695/14 del Tribunale di Firenze), che hanno
portato all’arresto
di sei persone,
al sequestro
di beni per 7 milioni di euro
e all’emissione di 8
interdittive dell’esercizio della professione,
hanno
accertato la natura dei rapporti affaristici, ormai consolidati, tra
imprenditori toscani ed esponenti del cartello dei Casalesi
- gruppi
Schiavone-Zagaria,
finalizzati
all’illecito smaltimento di rifiuti industriali.
Non a caso, presso le aziende oggetto delle indagini sono state
individuate 80.000
tonnellate di rifiuti smaltiti in modo illegale.
È stato, invece, eseguito a fine ottobre dall’Arma dei Carabinieri
l’arresto,
a Firenze,
di un soggetto originario della provincia di Caserta, intraneo al
clan dei Casalesi,
con la contestuale denuncia di altre tre persone (in esecuzione
dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nr. 437/16 Reg.
mis. caut. - p.p. nr. 23597/14 R.G.N.R.PM -, emessa dal Gip del
Tribunale di Napoli il
21 ottobre 2016).
Il soggetto è stato accusato di associazione di tipo mafioso e
intestazione fittizia di beni, mentre gli altri tre di impiego di
denaro di provenienza illecita, aggravato dalle finalità mafiose. Al
centro della vicenda la compravendita
di una struttura di ristorazione fiorentina.
COSA
NOSTRA IN TOSCANA - Nell’intento
di perseguire illeciti guadagni, l’influenza di cosa nostra in
Toscana non si fonda sul canonico controllo del territorio ma, grazie
alla spiccata capacità di mimetizzazione, si sviluppa attraverso
tentativi di condizionamento
della gestione pubblica, finalizzati soprattutto all’ingerenza
negli appalti ed alla infiltrazione dell’economia.
Tale strategia risponde, con forme sempre più sofisticate, alla
precipua volontà di soggetti affiliati o contigui di non destare
allarme sociale. Le attività di contrasto concluse nel tempo hanno
rilevato presenze di soggetti vicini ad organizzazioni
criminali di matrice siciliana, integrati nel tessuto sociale, dediti
prevalentemente al reinvestimento di capitali illeciti, avvalendosi
anche di figure professionali dotate di competenze specifiche in
campo finanziario e tributario.
'NDRANGHETA
IN TOSCANA - Per
quanto in Toscana non risultino attive locali di ‘ndrangheta, le
cosche continuano a manifestare interesse verso diversi settori
dell’economia legale, utilizzati per il reimpiego di denaro
proveniente dalle attività illecite.
Rilevano, in particolare, l’acquisto
e la gestione di esercizi commerciali
(specie di ristorazione e intrattenimento), l’attività
d’impresa esercitata in forma diretta o indiretta,
l’aggiudicazione
di lavori pubblici e privati,
il mercato
immobiliare e
il trattamento
dei rifiuti.
In tale contesto sono segnalate presenze di soggetti riconducibili
all’articolazione emiliana della ‘ndrina
Grande Aracri di
Cutro (KR) ovvero alle famiglie crotonesi, in specie quelle di
Strongoli (KR), operative tra Firenze,
Prato
e Pistoia.
Anche San
Gimignano (SI)
è stato interessato dalla sopra richiamata operazione “Alchemia”
della D.I.A. e della Polizia di Stato: uno dei soggetti destinatari
del provvedimento, socio di un’azienda con sede in provincia di
Firenze,
era lì domiciliato. Sempre la D.I.A., nel mese di settembre ha
eseguito, in provincia di Prato,
un provvedimento di confisca
del patrimonio, del valore di circa 4
milioni di euro,
nella disponibilità di un soggetto calabrese ivi residente e
ritenuto contiguo alle ‘ndrine
dei Bellocco e Pesce
di Rosarno (RC). La città di Prato
è emersa, tra l’altro, nell’ambito di uno degli sviluppi
dell’operazione “Grecale Ligure”, che si è concretizzato, nel
mese di novembre, con il sequestro
(ordinanza nn.2840/15 e 2233/16 R.G.G.I.P. emessa dal Tribunale di
Piacenza in data 19 novembre 2016) eseguito dal Centro Operativo di
Genova, delle quote di una società - appunto con sede a Prato e del
valore di oltre 10
milioni di euro
- che gestiva una nota casa di riposo.
[...]
- Direzione investigativa antimafia, I° semestre 2017
[...]
'NDRANGHETA
IN TOSCANA - In Toscana non si
rilevano insediamenti strutturati di natura ‘ndranghetista, sebbene
si continuino a registrare presenze di soggetti collegati alle cosche
crotonesi, reggine e della provincia di Cosenza. Le attività
illecite riconducibili alle predette organizzazioni non forniscono un
quadro definito delle aree coinvolte, presentandosi in maniera non
omogenea sul territorio, con differenti tipologie di interessi che
spaziano dal traffico di stupefacenti allo sfruttamento di manodopera
irregolare, dagli appalti pubblici agli investimenti immobiliari e
commerciali, con particolare attenzione al settore del turismo. Una
modalità d’azione che anche nel semestre ha avuto conferme
significative. Nel mese di gennaio, la D.I.A. di Firenze,
nell’ambito dell’operazione “Becco d’oca”, ha eseguito il
sequestro di un ingente patrimonio costituito da 9 società, 19
immobili (tra fabbricati e terreni), diversi beni mobili registrati e
rapporti bancari, per un valore di oltre 5 milioni di euro. Nello
specifico, il provvedimento ablativo ha colpito tre imprenditori
calabresi operanti in Toscana, nelle province di Firenze,
Prato e Pistoia, collegati con la cosca GIGLIO di Strongoli (KR). Le
indagini economico-finanziarie hanno fatto emergere come, a fronte
degli esigui redditi dichiarati dagli indagati e dai loro familiari,
risultassero consistenti movimentazioni di capitali e investimenti
immobiliari (bar, pasticcerie, pizzerie e appartamenti), frutto di
violazioni tributarie e altre attività illecite, nonché legami con
la criminalità organizzata calabrese (in particolare, come detto,
con appartenenti alla famiglia GIGLIO). Sulla
base di queste risultanze, la Procura della Repubblica ha richiesto
al Tribunale di Firenze l’applicazione, in via d’urgenza, della
misura di prevenzione patrimoniale nei confronti dei tre
imprenditori. Sempre nel mese di gennaio, i militari della
Guardia di Finanza, a conclusione delle citate operazioni
“Cumbertazione” e “5 Lustri” - condotte nei confronti della
‘ndrina PIROMALLI di Gioia Tauro (RC) - hanno
eseguito il fermo di 33 soggetti ritenuti responsabili, a vario
titolo, dei reati associazione per delinquere di tipo mafioso,
turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture,
corruzione e falso ideologico in atti pubblici, rapina ed estorsione.
Nel corso dell’operazione di polizia sono state sequestrate 54
imprese, tra le quali una con sede legale a Pomarance (PI). In
tema di stupefacenti, ancora nel mese di gennaio, a conclusione della
più volte richiamata operazione “Stammer” (Proc. Pen. 9444/14 RGNR DDA Trib. Catanzaro), la Guardia
di Finanza ha eseguito il fermo di 74 soggetti tra Calabria, Sicilia,
Campania, Lazio, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e, appunto, la
Toscana. L’attività
investigativa aveva evidenziato l’esistenza di diversi gruppi
criminali, attivi nel traffico internazionale di sostanze
stupefacenti provenienti dall’America latina, riconducibili, in
prevalenza, alle ‘ndrine dei FIARÈ di San Gregorio d’Ippona
(VV), a quella dei PITITTO-PROSTAMO-IANNELLO di Mileto (VV) ed alla
più potente cosca MANCUSO di Limbadi (VV). Il
successivo mese di marzo, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di
Finanza hanno concluso l’operazione “Akuarius” (Proc. Pen. 2514/14 NR e 4723/16 GIP del Trib. di Firenze nonché 4566/16 NR e 2535/16 GIP del Trib. di Livorno), che
ha fatto luce su un sodalizio dedito al narcotraffico tra i Paesi
dell’America latina ed il porto di Livorno. L’indagine
ha evidenziato l’intreccio tra soggetti residenti nella provincia
di Livorno ed elementi della
‘ndrangheta della provincia di Vibo Valentia, anticipando
anche alcune evidenze investigative di lì a breve riprese
nell’operazione Gerry. Quest’ultima,
eseguita nello stesso mese di marzo sempre dalla Guardia
di Finanza, ha colpito 19 soggetti, ritenuti responsabili di far
parte di un’organizzazione criminale dedita al narcotraffico tra
l’Italia (in alcuni casi lo stupefacente era destinato ancora al
porto di Livorno) e il Sud
America. In questo caso, l’attività investigativa ha evidenziato
legami trasversali tra soggetti legati alle famiglie BELLOCCO
di Rosarno, MOLÈ-PIROMALLI di Gioia Tauro, AVIGNONE di Taurianova e
PAVIGLIANITI del versante ionico reggino. Tra
gli indagati figurano elementi residenti nelle province di Firenze
e Pistoia. Infine, nel mese di
maggio, i militari dell’Arma dei Carabinieri hanno eseguito il
sequestro di un albergo ubicato in Anghiari (AR),
che sarebbe stato acquistato con denaro di provenienza illecita da
soggetti ritenuti contigui alla ‘ndrina dei COMISSO di
Siderno (RC).
COSA
NOSTRA IN TOSCANA - Anche in
Toscana, l’operatività di cosa nostra appare improntata alla
silente contaminazione dell’economia legale. Attività di polizia
concluse nel recente passato hanno, infatti, disvelato la presenza di
soggetti contigui ad organizzazioni criminali di matrice siciliana,
integrati nel tessuto sociale, dediti prevalentemente al
reinvestimento di capitali illeciti, attraverso la collaborazione di
figure professionali del posto. Significativo di questa progressiva
mimetizzazione nel tessuto sociale, l’arresto eseguito dalla
D.I.A., nel mese di gennaio, in provincia di Prato, di
cui si è fatto cenno nel paragrafo, dedicato alla descrizione delle
dinamiche criminali della provincia di Palermo. L’attività
in parola - cui si aggiungono altre tre ordinanze di custodia
cautelare - consegue a quanto disposto dalla Procura Generale della
Repubblica presso la Corte d’Appello di Milano, dopo la sentenza di
condanna di quella Corte d’ Assise d’Appello, dei responsabili di
due omicidi consumati tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni
‘90: uno era il “sottocapo” del mandamento di Resuttana,
l’altro un esponente del clan mafioso catanese c.d. dei “Cursoti
Milanesi”. Il successivo mese di
aprile, in provincia di Pistoia, la
Polizia di Stato ha localizzato e tratto in arresto un
pluripregiudicato, condannato all’ergastolo e ricercato dal 2016,
esponente di spicco del clan CAPPELLO-BONACCORSI, frangia dei
CARATEDDI. Durante la detenzione,
il soggetto aveva ottenuto un permesso premio di tre giorni, ma non
aveva fatto ritorno presso la casa circondariale ove stava scontando
la pena.
CAMORRA
IN TOSCANA - Le organizzazioni
camorristiche sono presenti in maniera eterogenea sul territorio
regionale, con insediamenti rilevanti in Versilia
(soprattutto CASALESI)
e nella provincia di Prato.
A fattor comune, si percepisce come la camorra - pur non mancando di
manifestare la propria presenza attraverso le estorsioni - miri a
mantenere un profilo basso, senza il ricorso ad eclatanti azioni
criminose. Evidenze info-investigative segnalano come imprenditori
contigui ai clan, e da tempo trasferitisi nella Regione, fungerebbero
da canali per veicolare le richieste di tangenti, provenienti dai
vertici dei clan di riferimento, agli imprenditori toscani. I
mafiosi-imprenditori si presterebbero ad ospitare ed assistere gli
affiliati in Toscana, garantendo loro anche un impiego fittizio,
nonché a ricercare imprese, disponibili a partecipare a gare per
l’esecuzione di lavori per conto del sodalizio ricevendo, in
cambio, “vantaggi” rispetto ad altri concorrenti del settore.
Nella provincia di Prato,
si segnalano i clan ASCIONE
e BIRRA-IACOMINO di
Ercolano, dediti prevalentemente a traffici illeciti di materie
plastiche che, con la complicità di omologhe organizzazioni cinesi,
vengono inviate in Cina. Per la provincia di Pistoia,
si segnala il sequestro, nel mese di maggio, di due ristoranti,
riconducibili ad un imprenditore di Prato,
considerato vicino al clan napoletano TERRACCIANO.
[...]
- Direzione nazionale antimafia – anno 2016
[...]
L'andamento
dei fenomeni criminali nel territorio della Toscana conferma
l’esistenza di un quadro variegato di attività criminali
organizzate che impatta su diversi settori dell’economia e
dell’imprenditoria. In Toscana agiscono, infatti, sia le mafie
italiane, prime tra tutte la camorra
e
la ‘ndrangheta...
Le
organizzazioni criminali più organizzate - su tutte la camorra
e
la ‘ndrangheta
-
oltre alle attività
riguardanti i traffici illeciti (stupefacenti, rifiuti, merce
contraffatta), mirano, anche, ad accaparrarsi settori dell'economia
c.d. legale, per riciclare il danaro proveniente dalle attività
criminali e dalle altre fonti di illecito arricchimento.
Anche nel periodo in esame, infatti, non sono mancate indagini che
hanno disvelato come siano in pieno svolgimento meccanismi di
infiltrazione delle mafie nei circuiti dell'economia legale:
l'accaparramento di lavori pubblici e privati, la partecipazione al
mercato immobiliare, il trattamento dei rifiuti, l'acquisizione o la
gestione di pubblici esercizi, specie di ristorazione o
intrattenimento, ecc.
Quanto
al radicamento sociale delle organizzazioni mafiose, va precisato che
nel territorio del Distretto non risultano evidenze che depongano per
l'esistenza di insediamenti di cellule territoriali delle mafie
tradizionali nella forma, tipica, organizzativa presente in altre
parti del Paese. D’altra parte, ad eccezione di alcune zone del
territorio, come Viareggio,
Torre
del Lago
ed Altopascio,
i processi migratori di soggetti di origine calabrese e campana, non
hanno assunto dimensioni tali da determinare un graduale inquinamento
del tessuto sociale con conseguente diffusione della cultura mafiosa.
In altre parole, le differenze con le altre realtà accertate nelle
regioni limitrofe, dipenderebbero dalle maggiori resistenze
incontrate dalla penetrazione culturale mafiosa (elemento essenziale
per l’attecchimento delle organizzazioni all'interno di una
comunità) nel territorio toscano, con la conseguenza che
l'accettazione delle regole mafiose resta relegata all'interno di
contesti dove sarebbero prevalenti i legami parentali o la comune
provenienza geografica. Come anticipato, tuttavia, dove più
massiccia è stata la colonizzazione del territorio da parte di
soggetti “mafiosi”, anche, il tessuto sociale ne è risultato
fortemente compromesso, fino a contaminare le pubbliche
amministrazioni che ne costituiscono, inevitabilmente, l’espressione
sul piano istituzionale.
Occorre,
ancora, rilevare che se, da un lato, la cultura mafiosa non è
riuscita a contaminare il tessuto sociale, dall’altro,
si
registra la continua emersione di spunti investigativi che vedono la
presenza di appartenenti a cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra,
operare in Toscana in concorso con elementi del luogo,
a dimostrazione della forte liquidità di cui tali soggetti
dispongono e della capacità attrattiva e corruttiva che tali
disponibilità comportano.
Il
quadro disegnato, tuttavia, non risulta meno allarmante di quello
emergente dalle indagini svolte nelle altre realtà regionali
limitrofe. Se è vero, infatti, che minore si presenta il livello di
penetrazione della cultura mafiosa, è altrettanto vero, e forse ne
rappresenta una conseguenza, che molteplici sono le organizzazioni
criminali presenti nel territorio, e, spesso, anche alleate tra loro,
soprattutto nel settore del traffico di sostanze stupefacenti.
Anche
nel territorio Toscano, le organizzazioni mafiose, calabresi, campane
e, in minor misura, siciliane, in esecuzione di un copione pressoché
comune a tutte le altre regioni del centro - nord Italia, sembrano
preferire la strategia dell’inabissamento, evitando di ricorrere ad
azioni criminose eclatanti o, quantomeno evidenti, che possano
attirare l'attenzione degli inquirenti e della pubblica opinione, al
solo scopo di favorire i traffici illeciti e gli affari economici
solo all’apparenza leciti.
Il
tutto in un contesto economico in cui i perduranti effetti della
crisi degli scorsi anni continuano a condizionare le dinamiche
economico-finanziarie e sociali del territorio, lasciando spazi di
agibilità alle organizzazioni criminali ed alle strategie di
aggressione alle realtà imprenditoriali sane spesso finalizzate - si
pensi al caso dei prestiti usurari e della partecipazione al capitale
sociale - alla progressiva acquisizione delle aziende.
Al
contempo, i sodalizi hanno dimostrato, rispetto al passato, una
maggiore propensione al mascheramento, grazie ad artifici societari,
intestazioni fittizie e delocalizzazione del controllo aziendale.
Conseguentemente,
le attività investigative sono state focalizzate, in particolare,
sull’ambito degli
appalti pubblici,
con particolare riguardo:
- alle relazioni, strumentali agli interessi criminali, tra attori mafiosi e contesti amministrativi pubblici. Di talchè è emerso, nel corso delle attività propedeutiche e conseguenziali ad alcuni accessi, il possibile uso strumentale, per finalità di dubbia liceità, del “consorzio” quale modello societario privilegiato d'ingerenza affaristico-criminale;
- al rilevato, atipico utilizzo (nel corso delle attività conseguenziali ad un accesso) del cd. sistema delle cauzioni per l'espletamento di gare pubbliche e per l'esecuzione degli appalti;
- al gioco legale, attraverso una serie di iniziative info-operative (tra le quali anche gli approfondimenti investigativi di diverse s.o.s.) che sembrano delineare possibili cointeressenze mafiose;
- allo smaltimento dei rifiuti e bonifiche ambientali, che possono rappresentare opportunità di guadagno per i sodalizi con riflessi sulle economie locali e, soprattutto, rischi per la salute pubblica.
L’analisi
delle acquisizioni investigative desumibili, anche, dalle attività
poste in essere dalle articolazioni territoriali delle Forze di
Polizia, fa ritenere che la
criminalità organizzata continui a manifestarsi in Toscana
attraverso spiccate capacità imprenditoriali, con una significativa
penetrazione e condizionamento di ambienti politico-amministrativi,
anche, ricorrendo
a comportamenti corruttivi.
Sebbene
accomunate da strategie di controllo delle attività produttive ed
imprenditoriali e di infiltrazione nel tessuto economico legale della
regione, le peculiari manifestazioni criminali che caratterizzano
ciascun sodalizio impongono una descrizione separata dei rispettivi
modus
operandi:
Cosa
Nostra
In
Toscana la sfera di influenza di cosa
nostra non
si fonda sul canonico controllo del territorio, bensì su forme e/o
tentativi di condizionamento
dell'azione pubblica (funzionali soprattutto al controllo dei
pubblici appalti) e di infiltrazione dell'economia e della finanza,
grazie alla spiccata capacita relazionale e di mimetizzazione con il
contesto di riferimento.
Come
anticipato in premessa, tale metodo risponde alla scelta precisa di
soggetti affiliati o contigui, di non destare allarme sociale in un
territorio ove la popolazione - anche per un diverso retaggio
culturale - potrebbe non aver la chiara percezione della minaccia
rappresentata.
Non
a caso, i
comportamenti tipicamente mafiosi,
sono, per lo più, rivolti
verso i propri corregionali, facendo leva sulla forza di
intimidazione promanante dal sodalizio e confidando nell’omertà
delle vittime.
Le
attività di contrasto hanno rilevato presenze di soggetti contigui
ad organizzazioni criminali di matrice siciliana, integrati nel
tessuto sociale, dediti, prevalentemente, al reinvestimento
di capitali illeciti avvalendosi, anche, di figure professionali
dotate di competenze specifiche in materia tributaria, finanziaria e
fiscale.
Omissis
Tra
i procedimenti penali di maggior rilievo afferenti il fenomeno
mafioso “cosa nostra” si ricordano:
Proc.
pen. n. 98/2014.
Il
procedimento vede imputato un soggetto originario di Gela residente a
Livorno,
accusato dei delitti di estorsione
continuata, consumata e tentata, e violenza privata, commessi, con
l'aggravante del metodo mafioso,
di cui all’art. 7 L. n. 203/1991, in danno di due persone, padre e
figlio, titolari di una società proprietaria di una tabaccheria a
Livorno. Le indagini, svolte dalla Squadra Mobile di Livorno,
iniziarono quando le persone offese decisero di denunciare i fatti
che, ormai, pativano da tempo da parte dell'imputato. I successivi
accertamenti svolti dalla Polizia Giudiziaria hanno consentito di
verificare che l'imputato, subito dopo aver stipulato con le persone
offese un contratto preliminare di acquisto della società da loro
gestita, attraverso reiterate minacce, li costringeva, ad assumere
nella tabaccheria il proprio fratello, già condannato per il delitto
di cui all’art. 416 bis c.p. in quanto appartenente alla famiglia
mafiosa Lannì di Gela, ed all’epoca detenuto nel carcere di
Rebibbia a seguito di condanna definitiva all’ergastolo, in modo da
fargli ottenere il beneficio della semilibertà. Successivamente
costringeva, ancora, le vittime a rimandare la stipula del contratto
definitivo e a sottostare ad un prezzo di compravendita sempre più
basso, riuscendo, così, ad acquistare la tabaccheria per un importo
notevolmente inferiore a quello indicato nel contratto preliminare.
L'imputato è stato rinviato a giudizio dinanzi al Tribunale di
Livorno.
‘Ndrangheta
In
Toscana, come sopra evidenziato, le indagini finora svolte non
ricostruiscono la presenza di “locali” di ‘ndrangheta, sintomo
di radicamento territoriale consolidato, ma, esclusivamente,
l’operatività
di molti soggetti legati a importanti cosche calabresi,
sia che dominano nei “mandamenti” della provincia di Reggio
Calabria (Ionico, tirrenico, città) che nel resto della regione.
In
particolare, per il versante ionico, sono state registrate presenze
significative di cosche delle province di Catanzaro e Crotone; per il
versante tirrenico, delle compagini storiche formatesi nelle aree del
lametino, del vibonese, della piana di Gioia Tauro. Vanno, peraltro,
segnalate, anche, alcune presenze di soggetti legati alle cosche
della zona ionica reggina e della città di Reggio Calabria.
Usura,
estorsioni, infiltrazione nel settore degli appalti pubblici e
privati, traffici di droga e di merce contraffatta, sono i settori
criminali in cui operano, prevalentemente, gli appartenenti alla
‘ndrangheta in Toscana.
Come
già riscontrato in altre regioni, soggetti collegati, a vario
titolo, all'associazione calabrese si rivolgerebbero ad imprenditori,
dirigenti d’azienda, professionisti, politici, rappresentanti delle
istituzioni e della cultura, per condizionare o entrare direttamente
nei gangli vitali dell'economia, del commercio, della finanza, della
pubblica amministrazione e del mondo dell'informazione.
La
presenza in Toscana di elementi riconducibili a ‘ndrine
è
stata riscontrata nell'ambito delle indagini (Operazione Ganimede)
che hanno consentito, in data 3 maggio 2016, in esecuzione
dell'Ordinanza di applicazione della misura di prevenzione del
sequestro
e della confisca
n. 7/2015 del 23 marzo 2016 del Tribunale di Firenze, di confiscare a
Callea
Nicola,
cl.’50 (ritenuto autore
del reinvestimento di proventi derivanti dal traffico di
stupefacenti, tipo cocaina ed eroina, proveniente dalla ‘ndrina De
Stefano-Tegano, in acquisizioni immobiliari, successivamente
fittiziamente cedute a persone del proprio nucleo familiare),
beni immobili, ubicati
in Firenze
(2
unità immobiliari situati in Piazza del Mercato Centrale ove sono
insediati i noti ristoranti “Mamma Napoli” ed “O sole mio”
nonché un appartamento di pregio in Via Filadelfia n. 14)
il cui valore è stimabile in circa
2 milioni di Euro.
Sempre
con riferimento alle attività di contrasto al citato sodalizio, si
evidenzia che, nell'ambito degli sviluppi di acquisizioni informative
in ordine a possibili interessi economico-criminali della società
di
Rosarno (gruppi Piromalli,
Molè,
Pesce,
Bellocco
e Oppedisano)
nel nord Italia, sono stati sequestrati e confiscati, con
provvedimenti emessi dal Tribunale di Reggio Calabria - Sezione
misure di prevenzione, rispettivamente n. 16/2014 provv. sequ. del 31
marzo 2014 e 112/2013 R.G. del 16.09.2016, in esito ad una proposta
di misura di prevenzione del Direttore della DIA, beni per circa 4
milioni di euro in
pregiudizio di Pisani
Sante,
cl.’49, considerato figura di spicco dei Bellocco
e dei Pesce.
Ed
ancora, all’esito di articolate indagini (Operazione Becco d'Oca),
il 2 marzo 2016, in esecuzione del Decreto di sequestro
preventivo
ex art. 321 c.p.p. nn. 12998/2013 RGNR e 7334/2014 RGIP del
15.02.2016, la DIA ha sequestrato un cospicuo patrimonio mobiliare,
immobiliare e societario per un valore stimato di circa 3
milioni di Euro,
in pregiudizio di Iuzzolino
Giuseppe
cl.’36, imprenditore calabrese che da anni aveva trasferito i
propri
interessi economici in Toscana.
Le
investigazioni hanno consentito di accertare come il predetto,
coadiuvato da prestanome, abbia effettuato, nel tempo, ingenti
investimenti, acquisendo esercizi commerciali (bar, pasticcerie,
pizzerie) e diversi appartamenti ubicati a Firenze
e
Prato.
Tra
le attività di contrasto si segnala, anche, l’attività esperita
il 3 settembre 2015 dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di
Finanza di Pisa che, nell’ambito dell’Operazione Morgeto, ha dato
esecuzione al Decreto di confisca
dei beni n. 191/2015 RG, emesso il 29 luglio 2015 dalla Corte
d'Appello di Reggio Calabria, nei confronti di Facchineri
Rocco,
condannato
per associazione di tipo mafioso.
Nello specifico, il Facchineri
era stato tratto in arresto il 23 novembre 2009 (o.c.c.c. n.
4571/2009 RGN DDA, n. 5627/2009GIP-DDA, n.118/2009 ROOC DDA), da
personale del Commissariato P.S. di Polistena (RC), insieme ad altri
soggetti facenti parte della ‘ndrina
dei Foriglio,
per “reato
di cui all’art. 416 bis commi I e III c.p. per avere preso parte –
con altre persone ancora non individuate – nell’ambito
dell’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta, alle
cosche localmente denominate ‘ndrine
Origlio,
Callà
e
Larosa,
operanti sul territorio dei comuni di Cinquefrondi, Mammolo
e Giffone,
a loro volta inserite nel territorio della Piana di Gioia Tauro …che
avvalendosi della forza di intimidazione che scaturiva dal vincolo
associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di
omertà che si creavano nel citato territorio, attuando un capillare
controllo di ogni aspetto della vita, specie pubblica ed economica,
affermatasi nel corso del tempo…”.
Inoltre,
si segnalano anche i seguenti provvedimenti :
•
il
9 marzo 2016 il Centro Operativo DIA di Reggio Calabria e la Guardia
di Finanza di Firenze e di Pistoia, in esecuzione del Decreto di
confisca n. 96/2013 RGMP emesso in data 18 dicembre 2015 dal
Tribunale di Reggio Calabria - Sez. Misure di Prevenzione, ha
confiscato
il patrimonio riconducibile
a Raso
Armando,
imprenditore calabrese operante in maniera occulta, nel settore della
sanità privata calabrese (gestione di case di cura e centri
riabilitativi) ed immobiliare (mediante imprese operanti in Toscana
ed in Calabria) stimabile in circa 45
milioni di euro;
•
il
31 marzo 2016 il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di
Finanza di Firenze, in esecuzione del Decreto n. 148/2015 e n.
11/2016 Provv. Seq. del Tribunale di Reggio Calabria, ha sequestrato
beni stimati in circa 1 milione di Euro
nella disponibilità di un sodalizio criminale, riconducibile a
CONDINA Stefano, c1.’56, ritenuto
essere (un) soggetto appartenente ad una organizzazione
criminale di stampo mafioso e
partecipe ad associazioni dedite al traffico
internazionale di sostanze stupefacenti
di
matrice calabrese operante su tutto il territorio nazionale e
coinvolto nell'importazione di ingenti quantitativi di cocaina
proveniente dal Sudamerica, dove poteva contare sull’appoggio di
soggetti che facevano da tramite con un potente cartello
della droga colombiano;
• il
1° giugno 2016 il Centro Operativo DIA di Reggio Calabria, in
esecuzione del Decreto di confisca
n. 113/2013+58/2014+68/2015 RGMP emesso dal Tribunale di Reggio
Calabria in data 29 gennaio 2016, ha confiscato il patrimonio
riconducibile a OLIVERI Vincenzo, cl.’54, imprenditore operante nel
settore oleario, con interessi, anche, nel comparto alberghiero,
immobiliare e dei servizi in Calabria (in particolare nella piana di
Gioia Tauro e nella provincia di Catanzaro), ma anche in Abruzzo ed
in Toscana.
stimabile in circa 324
milioni di euro;
proc.
pen n. 2514/2014 — Traffico
di sostanze stupefacenti e omicidio RAUCCI.
L’8 giugno 2016 il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di
Finanza di Pisa ed i Carabinieri di Livorno, nell’ambito
dell'Operazione Akuarius hanno dato esecuzione all’o.c.c.c.
n. 2514/2014 RGN e n. 4723/2016 RGIP in data 25.5.2016 del GIP di
Firenze nei confronti di n. 20 indagati. Le indagini hanno
consentito di individuare e disarticolare, tra le province di
Firenze,
Livorno,
Pisa,
Prato,
Pistoia,
Massa
e Lucca,
una organizzazione
criminale calabro-ionica (gruppo Pesci)
dedita al cd. brokeraggio
nel traffico di droga
e di sequestrare
oltre 65 kg di sostanze stupefacenti nonché
di arrestare
il responsabile dell'omicidio
del
trafficante toscano Raucci
Giuseppe avvenuto
a
Tirrenia (PI) il
9 dicembre 2015.
Ed invero dopo l’esecuzione dei fermi e del sequestro della
cocaina di cui al procedimento sopra illustrato, le successive
indagini, condotte dal Nucleo della Polizia Tributaria di Pisa e dal
Reparto Operativo dei Carabinieri di Livorno, consentivano di
identificare altri quattro componenti del gruppo che aveva
pianificato l'importazione di 54,450 kg di cocaina, nonché una serie
di soggetti, collegati stabilmente, dediti al traffico di sostanze
stupefacenti, prevalentemente cocaina. In tale contesto veniva
commesso l'omicidio di Raucci
Giuseppe rinvenuto cadavere in Lastra a Signa
la mattina del 10 dicembre 2015, all’interno del vano posteriore di
un'autovettura parcheggiata in un’area di sosta vicino alla
superstrada FI-PI-LI. Il Raucci era stato attinto da un colpo di arma
da fuoco esploso a distanza ravvicinata. All’origine dell’omicidio
vi sarebbero stati dei dissidi insorti tra gli indagati per il
fallito approvvigionamento da parte del Raucci e del suo sodale
sudamericano di una partita di cocaina, circa 3 chilogrammi, poi,
risultata essere zucchero, destinata
a due compagini criminali legate tra loro, una livornese e l'altra
calabrese, stanziata a Prato. Raucci Giuseppe, ritenuto responsabile
del raggiro, non ottemperava alle intimazioni a lui rivolte dal
gruppo criminale di restituire le somme impiegate. Il Raucci veniva
quindi attirato, col pretesto di un nuovo incontro chiarificatore, a
Tirrenia, ove rimaneva vittima di una vera e propria esecuzione
mafiosa. Dopo l’omicidio, il cadavere di Raucci Giuseppe veniva
trasportato da Tirrenia a Ginestra Fiorentina. Sulla base delle
risultanze investigative, supportate dagli accertamenti tecnici
compiuti dai Carabinieri del RIS di Roma, veniva richiesta ed
ottenuta la misura cautelare della custodia cautelare in carcere nei
confronti di 20 persone, di cui quattro accusati di omicidio
volontario aggravato dalla premeditazione e dal metodo mafioso, e gli
altri di traffico di sostanze stupefacenti.
L’episodio omicidiario è ritenuto uno dei più inquietanti
avvenuti in toscana dal valore, altamente rappresentativo, della
penetrazione delle cosche calabresi e della loro pericolosità.
Il
ricorso - nei casi estremi – all’applicazione, anche, oltre i
confini regionali di origine, delle regole ferree che ne disciplinano
l’agire, costituisce la spia di uno spaccato che ha visto allearsi
trafficanti toscani con elementi calabresi stanziati nel territorio.
Camorra
Come
già evidenziato in passato, i
clan della Camorra in Toscana operano attivamente in varie parti del
territorio e segnatamente in provincia di Pisa, in Versilia, nel
Valdarno aretino e nella provincia di Prato.
In Versilia,
sono stati compiuti negli anni scorsi, anche ad opera della DDA di
Napoli, diversi arresti
di soggetti appartenenti al clan
del Casalesi.
Nell’area
pisana,
inoltre, sono stati rilevati significativi
interessi economici dei clan napoletani,
soprattutto, nel settore
del traffico dei rifiuti,
ma non solo: le attività investigative esperite nel periodo in
esame, continuano a disvelare forme di intromissione
in
ampi settori del mondo economico e politico, funzionali
all'espansione fuori area nonché alla costruzione, nel tempo, di una
solida base economica.
I più
potenti clan
camorristici
(dal punto di vista della forza economico - finanziaria) si
sarebbero, nel tempo, interessati
ad alcuni settori di investimento, particolarmente, redditizi
(edilizia, ristoranti, alberghi, bar, appalti pubblici, settore
tessile, estorsioni, usura, illecito smaltimento dei rifiuti e
traffico di sostanze stupefacenti).
Anche il settore della gestione delle sale dedicate alle cc.dd. “slot
machines”,
ove
risulta preponderante la presenza dei cc.dd. “Casalesi”, ha
evidenziato presenze criminali organizzate manifestatesi attraverso
la fittizia intestazione di aziende esercenti l’attività di “punti
scommesse”.
Le modalità di gestione dell’affare ricalcano quelle già
accertate in altre indagini svolte in Campania ed in altre regione
del centro - nord Italia. Ingenti
somme, secondo una percentuale variabile dal 15% al 25%,
vengono destinate ai titolari di ogni postazione installata in bar e
circoli pubblici, formalmente intestati a soggetti terzi ma, di
fatto, controllati e/o assegnati a personaggi conniventi con la
malavita organizzata casertana.
L'infiltrazione
camorristica nel tessuto economico versiliano ha trovato importanti
riscontri nelle attività di prevenzione dell'utilizzo del sistema
finanziario a scopo di riciclaggio;
gli approfondimenti investigativi (ex art 47 D.Lgs. n. 231/2007) di
un congruo
numero di segnalazioni di operazioni sospette,
delineano,
infatti, una radicata presenza di soggetti collegati alle famiglie
Schiavone, Iovine e Russo (legate
al clan dei
casalesi)
che hanno esteso
i propri interessi,
anche, in Toscana
attraverso imprenditori
originari di Gricignano d’Aversa (CE),
negli anni ritenuti un punto di riferimento, anche logistico, per il
sodalizio. In particolare le indagini ricostruiscono un sistema
estorsivo ai danni di imprenditori, tutti originari della località
aversana, insediatisi in Toscana,
costretti ad una contribuzione periodica a favore
del clan dei casalesi.
Un meccanismo collaudato in cui, nella prima fase, intervenivano gli
affiliati incaricati di svolgere il ruolo di messaggeri e,
successivamente, i referenti toscani del sodalizio (nella
disponibilità anche di arsenali di armi da impiegare nella
risoluzione di conflitti con altre fazioni del clan).
Tra
le attività di contrasto portate avanti nei confronti della camorra
si segnalano:
Il
23 luglio 2015, il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di
Finanza di Firenze, ha notificato a Saetta
Vincenzo e
Cocice
Salvatore,
il decreto di applicazione della misura
della sorveglianza speciale e la confisca dei beni mobili e immobili.
La confisca dei beni costituisce l'epilogo di numerose attività
investigative poste in essere da diverse articolazioni territoriali
delle FF.PP. che hanno, tra l’altro, evidenziato come il Saetta,
pur essendo
stato legato nel tempo a vari clan camorristici, ha creato un proprio
gruppo criminale, attivo nelle estorsioni e usura operante in
Versilia e nella provincia di Massa Carrara.
Sempre
da indagini svolte dalla DDA di Napoli, in tale contesto, è stata
riscontrata l’operatività in Versilia
del gruppo facente capo a Mundo
Salvatore
- detto “o Mister”, coniugato con Maria Grazia Lucariello,
sorella del ex
boss del clan dei casalesi, Lucariello Orlando,
latitante
per lungo tempo in Toscana e tratto in arresto proprio in Versilia,
divenuto collaboratore di giustizia - composto da soggetti originari
delle province di Napoli e Caserta;
Ed
ancora il 18 settembre 2015,
i
Carabinieri di Napoli, a conclusione di un’articolata attività
investigativa, hanno eseguito 43 provvedimenti restrittivi nei
confronti di altrettanti soggetti ritenuti, a vario titolo, affiliati
al clan
camorristico dei Mariano,
operante a Napoli, nei Quartieri Spagnoli. Tra
gli arrestati, anche Florio
Gennaro (ndr: provvedimento eseguito a Viareggio),
di origine napoletana, indagato per ricettazione di orologi di
rilevante valore commerciale, aggravata dalla finalità di agevolare
l’organizzazione campana e precisamente per aver “...con azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi e in
violazione di diverse disposizioni di Legge, acquistato o comunque
ricevuto con la consapevolezza della provenienza illecita, nonché
detenuto per la vendita 196 orologi recanti i marchi Rolex, Cartier,
Bulgari e altre griffe, tutti contraffatti...” e
con “...
l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare
l'associazione camorristica denominata "clan Mariano" ed
avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall'appartenenza
a tale associazione...”.
In
merito all'operatività criminale sul territorio toscano di soggetti
originari della Campania, dediti al c.d. pendolarismo criminale e
collegati alle organizzazioni camorristiche campane, vanno segnalati
alcuni provvedimenti custodiali:
-
il 23 ottobre 2015, le Squadre Mobili di Lucca
e Pisa,
hanno tratto in arresto in flagranza di reato sei soggetti (quasi
tutti campani) colti nel tentativo di rapinare la filiale di
Antraccoli
(LU) del
Monte dei Paschi di Siena. Tra gli arrestati anche De
Felice Patrizio,
cl.’88, affiliato
al clan Lo Russo “Capitoni”,
operativo in Campania;
-
il 5 aprile 2016 la Squadra Mobile Firenze, ha dato esecuzione
all’ordinanza di applicazione di misure cautelari n. 16512/2013
RGNR e n. 10030/2014 RG emessa in data 29 febbraio 2016 dal GIP di
Firenze nei confronti di alcuni soggetti organici e contigui al clan
dei casalesi (famiglie Schiavone-Russo-Iovine)
componenti di un’associazione per delinquere finalizzata alla
commissione di truffe in danno di compagnie assicurative in Versilia,
simulando sinistri stradali mai accaduti o aggravati nelle
conseguenze, con la complicità di un legale e di una articolata
compagine di persone, molte delle quali, residenti in Viareggio, ma
tutte originarie della Campania.
Tra
gli altri procedimenti penali riguardanti il fenomeno della
“camorra”, si segnalano:
il
proc. pen. 13683/2010 (clan
Contini)
contro numerosi imputati, riguardante alcune ipotesi di riciclaggio
ed intestazione fittizia di beni riconducibili al clan Contini
operante nella zona della Versilia.
Il
proc. pen. n. 5965/2007 (clan
Terracciano).
Le indagini effettuate dalle Sezioni Criminalità Organizzata della
Squadra Mobile di Prato e di Firenze sul clan camorristico gestito in
Toscana da Giacomo
Terracciano,
hanno disvelato l’operatività dell’associazione nel periodo
successivo all’arresto del suo capo Giacomo Terracciano, avvenuto,
a fine ottobre 2007, e di altri affiliati
ed il passaggio di consegne, dopo un momentaneo rallentamento
dell’attività criminale, a Carlo
Terracciano
ed al Lo
Ioco,
destinatario di una misura più lieve.
Nel
corso delle investigazioni è stata accertata la rilevante
disponibilità economica del clan e la destinazione di gran parte del
denaro accumulato ad acquisire e gestire diverse attività
economiche. Usura e scommesse clandestine costituiscono le principali
fonti di guadagno dell’organizzazione.
Stupefacenti
Nell’ultimo
periodo sono state scoperte coltivazioni
di marjiuana
in Toscana da parte di appartenenti alla criminalità
organizzata sarda.
La dimensione e la capacità produttiva delle piantagioni
sequestrate, dislocate in località impervie e difficilmente
raggiungibili, a tutela delle quali erano stati realizzati
sofisticati presidi, dimostrano che l’attività in questione è
ormai un business criminale di grande livello, appannaggio di gruppi
delinquenziali organizzati.
[...]
TOSCANA
COLONIZZATA
Gli
ultimi anni sono stati anni disastrosi per la Toscana. Numerosissime
sono
state le
operazioni antimafia o fatti di mafia che hanno interessato la
Regione.
Di
seguito, suddivisi per categoria, l'elenco degli episodi più
rilevanti:
LATITANTI
E ARRESTI
- 30 gennaio 2015, a Firenze, è stato tratto in arresto uno dei 27 personaggi colpiti da misure restrittive della libertà personale nell’ambito dell’operazione “Final Blow”, della Dda di Catania. Gli arrestati, sodali alla cosca “Cursoti – Milanesi”, sono stati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, detenzione e spaccio di stupefacenti, tentato omicidio, estorsione e reati in materia di armi.
- Aprile 2015, il luogotenente della ‘ndrina Alvaro di Sinopoli,Giuseppe Talotta, condannato a 12 anni di carcere si è costituito nella casa circondariale di Massa, dopo diversi giorni di latitanza che – secondo gli inquirenti – avrebbe passato nella provincia apuana, dove aveva un nascondiglio sicuro e soprattutto contatti fidati. Gli investigatori della Dia di Genova, successivamente, grazie proprio a Giuseppe Talotta, sono riusciti ad arrivare anche al boss latitante del clan di Sinopoli, Giuseppe Alvaro. Quest’ultimo se ne stava rintanato tra Massa e la Versilia e si muoveva indisturbato da mesi in Toscana, scortato da due guardaspalle. Talotta e Alvaro avevano preso contatti a Massa e poi si erano visti in un bar di Lido di Camaiore.
- 21 gennaio 2016, ricercato affiliato alla ‘ndrangheta, arrestato al casello di Calenzano.
- 16 febbraio 2016, camorrista arrestato in Valdarno per l’omicidio di Nazzareno Mancino, avvenuto il 7 aprile 1999 a Marcianise, e per il tentato omicidio del fratello, Saverio Mancino, un anno dopo. L’uomo, che risiede e lavora in Valdarno, con a carico precedenti per associazione di stampo mafioso, tentato omicidio, rapina e furto, è stato arrestato dalla Polizia di Stato, nell’ambito di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli.
- 25 febbraio 2016, camorrista arrestato in Valdarno. L’uomo, Onofrio Mosti, è stato arrestato a San Giovanni Valdarno, per omicidio di camorra. Il presunto omicida è stato raggiunto dal provvedimento della Dda di Napoli perché, insieme allo zio e ad altre due persone, avrebbe fatto parte del commando che il 10 dicembre 2015, a Casalnuovo di Napoli, ha ucciso Giuseppe Ilardi. L’omicidio di Ilardi farebbe parte di una faida di camorra che oppone le famiglie dei Gallucci, a cui appartiene l'arrestato, a quelle dei Veneruso, per il controllo delle piazze dello spaccio.
- 20 gennaio 2017, appalti truccati in odor di 'ndrangheta in tutta Italia scoperti dalla Guardia di Finanza con 33 imprenditori coinvolti. Toccata la zona della Valdicecina con il sequestro di 2 aziende legate una a Pomarance legata al gruppo Granchi e una Castelnuovo Valdicecina.
- 24 gennaio 2017, arresto di Grazio Salvatore Gerbino, siciliano, uomo d'onore della famiglia di Gela (cosa nostra), per omicidio di mafia. La Direzione investigativa antimafia ha eseguito il provvedimento, emesso dalla Corte d'Assise d'Appello di Milano, a Carmignano (Prato), dove l'uomo stava scontando un periodo di semilibertà.
- 2 febbraio 2017, operazione contro la 'ndrina dei Mancuso. Arrestati personaggi del mondo politico, imprenditoriale ed istituzionale per aver favorito il clan Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) nella gestione dei fondi della comunità europea diretti al sostegno economico di nuclei familiari in difficoltà. Un arresto è stato eseguito anche a Firenze.
- 6 febbraio 2017, la Squadra Mobile ha arrestato un ventisettenne siciliano (cosa nostra), residente a Pistoia, in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dal Tribunale di sorveglianza di Palermo. L'uomo era stato condannato per associazione mafiosa e detenzione illegale di armi.
- 10 aprile 2017, la Polizia di Stato ha arrestato il latitante Ruvalcaba Tomas Jesus Yarrington, 60 anni, già governatore dello stato del Tamaulipas in Messico ed esponente del Partito rivoluzionario istituzionale. L'uomo, bloccato nel centro di Firenze e ricercato in campo internazionale dalle Autorità Usa, si era dato alla latitanza nel 2012, dopo la condanna a due ergastoli per associazione per delinquere, traffico internazionale di stupefacenti (narcotrafficanti messicani, riconducibili al 'Cartello del Golfo'), riciclaggio, frode bancaria, evasione fiscale e false attestazioni in atti destinati alla pubblica autorità.
- 14 aprile 2017, arresto del latitante Concetto Bonaccorsi, in un appartamento di Via Grazia Deledda, a Massa e Cozzile – Traversagna, in provincia di Pistoia. L'uomo, nella circostanza, era in compagnia della moglie. Bonaccorsi, detto “u carateddu”, uno dei più pericolosi boss della criminalità organizzata catanese, era ricercato dal settembre 2016 e doveva scontare la condanna all’ergastolo per omicidio aggravato, associazione di stampo mafioso ed associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Insieme al fratello Ignazio (detenuto), Bonaccorsi è il “capo bastone” dell’omonima famiglia, chiamata anche “Carateddi“, frangia armata – cosiddetti “capi militari” – del clan Cappello. Il clan Cappello di Catania è legato alla stidda, e prende il nome dal boss Salvatore Cappello. È, insieme alla cosca di Benedetto Santapaola, il clan catanese più potente, comanda anche in tutta la Sicilia orientale ed è capace di imporsi perfino in territori difficili come la Campania e la Calabria.
- 19 luglio 2017, la Squadra mobile di Firenze, su disposizione dell'AG di Palermo, ha arrestato Pietro Tagliavia, capo mandamento di Brancaccio a Palermo e figlio del boss mafioso, Francesco, coinvolto nelle stragi del '93 e condannato all'ergastolo per l'attentato di via dei Georgofili. L'uomo, è stato catturato a Capraia a Limite (FI), poiché coinvolto nell'ambito di un'inchiesta che ha smantellato un clan legato a cosa nostra, composto da persone insospettabili, retto da Pietro Tagliavia. Coinvolto nell'inchiesta, definita la "mafia dei pancali", anche Francesco Paolo Clemente, imprenditore siciliano ritenuto braccio destro di Pietro Tagliavia, nonché tre presunti prestanome residenti a Prato. L'organizzazione criminale, oltre ad attuare estorsioni, era dedita al riciclaggio, mediante false fatturazioni, n realizzate attraverso 35 società con sedi in Lazio, Puglia, Toscana, Liguria e Emilia Romagna, tutte sottoposte a sequestro (valore beni 60 milioni di euro).
- 25 luglio 2017, la Polizia di Stato ha arrestato Giuseppe Mastini, detto Jonny lo Zingaro, ergastolano, latitante dal 30 giugno 2017. Il pluriomicida è stato catturato a Taverne d'Arbia, in provincia di Siena, a casa di parenti di Giovanna Truzzi, 58 anni, evasa a sua volta dagli arresti domiciliari che stava scontando a Pietrasanta, in provincia di Lucca.
- 7 novembre 2017, imprenditore del mercato ortofrutticolo di Firenze si rivolgeva ad 'ndranghetisti per riscossione debito: 5 arresti. Gruppo De Stefano Tegano.
- 23 marzo 2018, secondo un'inchiesta pubblicata da L'Espresso, il superlatitante di cosa nostra Matteo Messina Denaro si troverebbe in Toscana, protetto anche da esponenti della 'ndrangheta. A raccontarlo al giornalista del settimanale sarebbe stato un 45enne toscano. Il boss di cosa nostra è latitante dal 1993 e l'ultima volta è stato proprio visto in Toscana, a Forte dei Marmi. Occorre tener presente che nel mese di marzo 2010, la Polizia di Stato perquisì la casa di una donna di 40 anni nell’ambito di un’operazione antimafia finalizzata a colpire la rete dei favoreggiatori Matteo Messina Denaro, in alcune città, tra le quali Lucca e Siena. La donna in questione, seppur incensurata, fu coinvolta nell'inchiesta per una lontana parentela con le famiglie mafiose che, nel trapanese, sono alleate di Matteo Messina Denaro e ne favoriscono la decennale latitanza. ...''.Tale articolo comunque va verificato in ogni sua parte.
SEQUESTRI
E CONFISCHE
- 25 febbraio 2016, la Guardia di Finanza, nell'ambito dell'operazione 'Black Marble', coordinata nelle indagini dalla procura di Massa Carrara, ha eseguito un sequestro preventivo di beni per un valore di 1,4 milioni di euro. Nell'inchiesta sono state indagate 30 persone per reati di frode fiscale, falso, attività abusiva di prestazioni di servizi di pagamento, ricettazione e riciclaggio. L'attività investigativa ha permesso di trovare riscontri su un collaudato sistema di evasione fiscale, perpetrato da imprenditori operanti nel distretto del marmo di Carrara, comprese anche persone delle quali di origine asiatica, in particolare indiani, collegati agli industriali del marmo.
- 9 marzo 2016, la Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria e i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Firenze e di Pistoia,coordinati dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, hanno eseguito una confisca di beni per un valore di 45 milioni di euro nei confronti Armando Raso, 42enne di Taurianova (RC), imprenditore operante, in maniera occulta, nel settore della sanità privata calabrese (gestione di case di cura e centri riabilitativi) e in quello immobiliare (mediante imprese operanti in Toscana ed in Calabria). Nei confronti di Raso, individuato quale elemento di spicco dell’organizzazione mafiosa Piromalli – Molè, egemone in Gioia Tauro, è stata emessa anche la misura della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno per la durata di 3 anni. L’intero patrimonio sottoposto a confisca, stimato in 45 milioni di euro, è costituito da 6 società, 25 immobili, 6 autoveicoli e da numerosi rapporti finanziari personali ed aziendali. I beni confiscati in Toscana sono società immobiliari con sede a Montecatini Terme (Pistoia) che hanno realizzato villette a schiera e appartamenti a Buggiano (Pistoia) e Cerreto Guidi (Firenze).
- 2 settembre 2016, la Direzione investigativa antimafia di Genova, coadiuvata dalle articolazioni di Milano, Torino e Firenze, coordinata dalla procura di Piacenza, ha eseguito in diverse regioni dell'Italia centro-settentrionale 8 provvedimenti restrittivi e denunciato 14 persone in stato di libertà. Si tratta di soggetti tutti appartenenti a un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei reati di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Contestualmente sono stati eseguiti sequestri preventivi per un valore stimato in oltre 150 milioni di euro, nelle province di La Spezia, Massa Carrara, Milano, Piacenza, Prato, Lodi e Siena.
- 11 gennaio 2017, sequestro patrimonio di oltre cinque milioni di euro eseguito a carico di tre imprenditori calabresi: Giuseppe Iuzzolino (cl. 1936), Martino Castiglione (cl. 1956) e Vincenzo Benincasa (cl. 1959), originari di Strongoli (KR), radicati da molti anni in Toscana. Il provvedimento, emesso dalla Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Firenze, scaturisce da indagini condotte dalla Dia, coordinate dalla Dda di Firenze, che hanno consentito di dimostrare non solo le ingenti movimentazioni di capitali e gli investimenti immobiliari effettuati dagli stessi (frutto di reati fiscali e altre attività illecite) a fronte di esigui redditi dichiarati, ma anche i legami con la criminalità organizzata calabrese ('ndrina Giglio di Strongoli, in provincia di Crotone). I sequestri, avvenuti nelle province di Firenze, Prato, Pistoia e Crotone, riguardano n. 9 società, n. 19 immobili (tra fabbricati e terreni), n. 6 beni mobili registrati (5 autovetture e 1 motoveicolo) e n. 40 rapporti bancari (conti correnti, libretti di deposito e dossier titoli), riconducibili a 21 soggetti, tra persone fisiche e giuridiche.
- 17 gennaio 2017, la Guardia di finanza, coordinata dalla Dda di Venezia, ha eseguito il sequestro preventivo di 17 milioni di euro nei confronti di Felice Maniero, ex boss della 'Mala del Brenta'. Il provvedimento è stato eseguito anche in Toscana: due ville, a Fucecchio (FI) e Pietrasanta (LU), 27 automobili di lusso, conti correnti intestati a prestanome e titoli.
- 4 maggio 2017, la Guardia di finanza di Firenze ha eseguito un provvedimento di sequestro preventivo di quote societarie, avviamento aziendale, beni strumentali nonché denaro contante e crediti riferibili a 2 ristoranti di Prato, lo sporting club Mezzana e il Gianburrasca di via Valentini, per un valore complessivo di 5 milioni di euro. Il sequestro è stato disposto dal Gip su richiesta della Dda di Firenze. Nove persone sono indagate per fittizia intestazione di beni e trasferimento fraudolento di valori, in quanto avrebbero agevolato con le loro azioni un pratese di 47 anni, ritenuto vicino al clan Terracciano e pregiudicato per reati associativi in materia di traffico di stupefacenti. Quest'ultimo è stato già coinvolto, in passato, in un'indagine antimafia che aveva portato alla confisca delle pizzerie presenti nel territorio pratese “Don Chisciotte e Sancho Panza".
- 10 maggio 2017, la Squadra Mobile della Questura di Firenze ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Firenze, nei confronti di tre persone ritenute responsabili di una serie di furti. Gli investigatori hanno dato esecuzione anche ad un decreto di sequestro preventivo di due Compro Oro, uno a Firenze e l’altro a Sesto Fiorentino, dove sarebbe finito parte del bottino dai ladri.
- 24 maggio 2017, sequestro albergo ad Anghiari (AR). Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Latina nei confronti di soggetti appartenenti alla 'ndrina Commisso della piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Il sequestro operato in Valtiberina fa parte di una serie di sequestri preventivi in tutta Italia che trae origine da un’indagine del comando provinciale dei carabinieri di Latina su un traffico internazionale di stupefacenti (dal Sud America all’Italia, passando per l’Olanda) che portò, nel 2015, all’arresto di due fratelli calabresi.
- 28 luglio 2017, la Dia di Firenze ha eseguito la confisca di beni per oltre 5 milioni di euro tra società, rapporti bancari, beni mobili e immobili nei confronti di tre imprenditori calabresi - Giuseppe Iuzzolino, Martino Castiglione e Vincenzo Benincasa, tutti originari del crotonese ma radicati da anni in Toscana - operanti nelle province di Firenze, Prato e Pistoia, Nei confronti di Iuzzolino, considerato l’organizzatore ed il promotore delle attività delittuose, il tribunale di Firenze ha disposto anche la sorveglianza speciale per due anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza (vedasi notizia n.8).
- 10 agosto 2017, la Dia di Reggio Calabria ha eseguito un decreto emesso dalla Corte d'appello di Reggio Calabria con cui è stata confermata la confisca dei beni per un valore di 324 milioni di euro (15 società dei settori agricolo-oleario e turistico-alberghiero ed 88 immobili in Calabria, Abruzzo e Toscana - Porcari, in provincia di Lucca) nei confronti di un imprenditore oleario, Vincenzo Oliveri, morto il 14 gennaio scorso. La confisca, considerata la sussistenza del requisito della pericolosità sociale del proposto (di tipo semplice, ex art. 1 del codice antimafia) è stata emessa a seguito della commissione dei reati di associazione per delinquere, truffa aggravata ed altro, in ordine all’indebita percezione di contributi erogati ai sensi della legge 488/1992.
- 4 ottobre 2017, le Procure antimafia di Roma e Caltanissetta, hanno coordinato un'operazione contro il clan Rinzivillo di Gela - alleati con i Madonia e i Corleonesi di Totò Riina - eseguita da polizia, carabinieri e Guardia di finanza. Sono state arrestate trentasette persone tra Roma, la Sicilia, la Lombardia, il Piemonte, l’Emilia Romagna e la Germania. Nell'inchiesta è finita anche la società "Fratelli Guarnaccia immobiliare" di Rapolano Terme, nel senese, società che, secondo gli investigatori, "è stata costituita il giorno successivo a un incontro avvenuto presso l’abitazione gelese di Rinzivillo fra quest’ultimo, Filippo Guarnaccia (ndr: dirigente Regione Sicilia coinvolto nell'inchiesta), il figlio e Antonio Passaro", affiliato a cosa nostra gelese, clan Emmanuello.
- 7 novembre 2017, La Squadra mobile di Firenze e Napoli hanno eseguito il provvedimento di sequestro preventivo delle quote di due società edili, con sede a Figline Valdarno (FI), la Valdarno Costruzioni srl e la Edil Europa 2, riconducibili al clan Mallardo di Giuliano in Campania (NA). In dieci anni le due società hanno comprato e venduto 4 unità immobiliari a Loro Ciuffena (Arezzo), 15 unità immobiliari a Montevarchi (Arezzo) e 8 unità immobiliari a Reggello (Firenze). Il valore dichiarato dei terreni è di quasi 2 milioni e mezzo. In totale sarebbero stati venduti anche lotti di terreno per un valore dichiarato di oltre 8 milioni. Una perquisizione è stata eseguita anche nei confronti Domenico Pirozzi, domiciliato a Firenze, socio delle due imprese. Coinvolto anche un funzionario di banca. Tra i destinatari della misura cautelare Francesco Mallardo, boss del clan della camorra. Sottoposte a sequestro preventivo unità immobiliari, in tutta Italia, società operanti in vari settori, veicoli e rapporti bancari, per un valore stimato intorno 50.000.000 di euro. L’inchiesta riguarda una presunta associazione di tipo mafioso, riciclaggio, violazione della normativa sulle armi, e intestazione fittizia di beni.
- 9 Novembre 2017, la Dia di Firenze ha sequestrato beni per un valore complessivo di 2 milioni di euro nei confronti del latitante pluripregiudicato Vincenzo Ascione, detto “Babbalaccone”, 62enne di Torre del Greco (Na), referente in Toscana e, in particolare, nella provincia di Prato, del clan camorristico Birra-Iacomino. Nella circostanza, il Tribunale di Prato ha irrogato, altresì, a carico di Vincenzo Ascione la misura di prevenzione personale della Sorveglianza speciale.
- 26 marzo 2018, la Guardia di Finanza ha eseguito un decreto di confisca di beni emesso dal Tribunale di Venezia nei confronti di Felice Maniero, boss della Mala del Brenta. Gli immobili, per un valore complessivo di 17 milioni di euro, si trovano in Toscana, nelle province di Lucca (casa al mare a Marina di Pietrasanta), Pisa (villa con piscina nel comune di Santa Croce sull'Arno) e Firenze (villetta nel comune di Fucecchio), e furono già sequestrati agli inizi del 2017. In quell'occasione furono emesse due ordinanze di custodia cautelare nei confronti di un prestanome e di un promotore finanziario. Sia il prestanome sia il promotore finanziario sono entrambi detenuti e imputati al processo in cui devono rispondere di riciclaggio di proventi illeciti e intestazione fittizia di beni, aggravati dalla finalità di agevolare Felice Maniero.
- 12 gennaio 2018, la Dia di Firenze ha dato esecuzione a un provvedimento, emesso dal locale Tribunale del Riesame, che ha disposto il sequestro di beni mobili e immobili, partecipazioni societarie e rapporti bancari (tra Firenze, Prato e Crotone), per un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro, riferibili ai seguenti soggetti, tutti indagati in concorso per il reato di evasione fiscale e per quello di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio: Giuseppe Iuzzolino, nato a Strongoli (KR) il 26 aprile 1936 ed ivi residente;
Vincenzo Benincasa, nato a Strongoli (KR) il 18 dicembre 1959 e residente a Montecatini Terme (PT);
Fiore Guercio, nato a Strongoli (KR) il 25 giugno 1960 ed ivi residente; Martino Castiglione, nato a Strongoli (KR) il 19 giugno 1956 ed ivi residente; Alfredo Aldrovandi, nato a San Benedetto Val Di Sambro (BO) il 15 agosto 1937 e residente a Firenze; Luigi Guercio, nato a Cariati (CS) il 03 luglio 1989 e residente a Strongoli (KR). Le indagini hanno consentito di acclarare come Giuseppe Iuzzolino, coadiuvato dagli altri indagati (ritenuti prestanome), abbia effettuato, nel tempo, ingenti investimenti societari e/o immobiliari a Firenze e Prato, pur in mancanza di una lecita capacità reddituale, ed inoltre di verificare lesistenza di flussi di denaro verso la Calabria, in favore di appartenenti alla 'ndrina “Giglio” di Strongoli.
Tra i beni sottoposti a sequestro spiccano alcuni noti locali di Firenze, tra cui il “Bar pasticceria Caldana”, il “Bar pasticceria Il Barco” e il “ristorante Pizza Man, nonché immobili di pregio facenti parte del complesso edilizio Il Teatro, sito nel quartiere “IL Pino” di Prato.
ESTORSIONI
- 11 ottobre 2017, Carabinieri e Guardia di finanza hanno eseguito due misure cautelari in carcere, emesse dal gip del Tribunale di Firenze su richiesta della Dda, per estorsione aggravata dal metodo mafioso e, a vario titolo e in concorso con altri, per furto, lesioni personali e danneggiamento seguito da incendio. Il provvedimento è stato notificato a: Evans Capuano, 57 anni, commercialista di Follonica (GR), iscritto alla massoneria; Angelo Murè, imprenditore catanese, residente a Scarlino (GR), con precedenti penali per associazione di stampo mafioso, tentato omicidio e danneggiamento seguito da incendio nonché pregiudizi di polizia per estorsione e minacce aggravate. Nei giorni seguenti, sempre nell'ambito della stessa inchiesta, è stato arrestato Karen Surukhanyan, guardia del corpo e autista del commercialista.
- 7 novembre 2017, la Guardia di finanza, coordinata dalla Dda di Firenze, ha arrestato 5 persone per estorsione aggravata dal metodo mafioso e bancarotta preferenziale. Le persone, di origine calabrese ma residenti in Toscana, ritenuti membri della 'ndrina De Stefano-Tegano, specializzati in estorsioni, sono sospettati di riciclare capitali di provenienza illecita. Gli indagati, con violenza e minacce si sono presentati da due fratelli fiorentini, imprenditori del mercato ortofrutticolo Mercafir, per riscuotere i crediti vantati da un imprenditore import/export di frutta e vegetali di Bergamo, coinvolto nell'inchiesta. Le indagini sono scattate nel corso di un'attività investigativa di routine volta a verificare il reimpiego di capitali illeciti nella zona del centro di Firenze, in particolare nel quartiere di San Lorenzo. Secondo gli investigatori, il valore riscosso dal gruppo ammonta almeno a 200mila euro tra contanti e gioielli. Complessivamente gli indagati sono dieci e sono state eseguite anche perquisizioni a Reggio Calabria, Bergamo e Trento.
- 19 gennaio 2018, i carabinieri di Prato hanno arrestato due fratelli calabresi, Vincenzo e Silvano Bartolo, 52 e 49 anni, residenti rispettivamente a Poggio a Caiano e a Carmignano. Già in carcere il figlio del primo, 25 anni, arrestato lo scorso dicembre nell'ambito della stessa indagine. L'accusa è estorsione. Due gli imprenditori, entrambi di Poggio a Caiano, tenuti sotto scacco: il titolare di una sala giochi che, secondo gli investigatori, pagava il pizzo addirittura dal 2010 consegnando duemila euro tutte le settimane, e il titolare di una ditta di minuteria metallica che avrebbe cominciato a versare i soldi nel 2014 per un ammontare stimato in centomila euro. Nel corso delle perquisizioni, i carabinieri hanno sequestrato una pistola scacciacani modificata in modo da farla sembrare un'arma vera. Vincenzo Bartolo era già stato arrestato nel 2015, insieme ad altre persone collegate con la proiezione umbra della cosca ndranghetista dei Farao-Marincola, perché ritenuto dagli investigatori mandante, organizzatore e autore dell'omicidio del muratore calabrese Roberto Provenzano, ucciso a Perugia nel 2005. Al momento sono due le vittime accertate ma secondo la procura potrebbero essere di più. Il procuratore di Prato, Giuseppe Nicolosi, ha invitato a denunciare: “L'omertà è la precondizione per l'espansione delle attività criminali. Abbiamo indizi che ci fanno ritenere che l'attività delle persone arrestate fosse più estesa”.
STUPEFACENTI
- 29 gennaio 2016, è stato eseguito il provvedimento di pena definitiva nei confronti di affiliati al clan pugliese Zonno per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e armi. Uno di questi, Ignazio Minervini, 45enne barese, è stato arrestato a Pescia, in provincia di Pistoia, dove era residente.
- 18 febbraio 2016, la Guardia di finanza Pisa ha smantellato un'organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Tra gli indagati anche soggetto semilibero e pluripregiudicato per associazione di tipo mafioso e traffico di droga.
- 24 gennaio 2017, sequestro 8 tonnellate di cocaina e 54 arresti per traffico internazionale di sostanze stupefacenti, nell'ambito dell’operazione “Stammer” condotta dai finanzieri del Goa, coordinati dalla procura di Catanzaro. Gli investigatori hanno ricostruito il percorso della cocaina - nascosta all’interno dei container provenienti dalla Colombia - e i rapporti tra i calabresi legati alla 'ndrina Mancuso di Limbadi (provincia di Vibo Valentia) e i narcos sudamericani. Dopo aver fatto tappa in Spagna e Inghilterra, lo stupefacente arrivava in Italia attraverso i porti di Gioia Tauro, Genova e Livorno.
- 20 marzo 2017, i Carabinieri Livorno e la Guardia di Finanza di Pisa, nell'ambito dell'operazione "Akuarius 2", hanno arrestato 10 persone, notificato due misure interdittive e sequestrato oltre 134 kg di cocaina, nell'ambito di un'operazione contro il traffico internazionale di stupefacenti tra la Toscana e il Sudamerica. L'inchiesta è collegata a quella dell'omicidio di Giuseppe Raucci, avvenuto a Tirrenia (Pisa) il 9 dicembre 2015, la cui salma venne poi rinvenuta il giorno seguente sulla superstrada Fi-Pi-Li, nei pressi Ginestra Fiorentina. L'operazione ha consentito di individuare e disarticolare, tra le province di Firenze, Livorno, Prato e Pistoia una organizzazione criminale - calabro-labronica - di stampo 'ndranghetistico (cosche Piromalli e Molè). Le indagini hanno accertato la presenza stabile di una organizzazione criminale, con sede a Livorno, denominata gruppo "I Pesci", con il ruolo di gestire i traffici illeciti nel porto di Livorno.
- 18 aprile 2017, operazione “Gerry”, il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, coordinato dalla Dda di Catanzaro, ha arrestato gli appartenenti ai due sodalizi di stampo ‘ndranghetistico. Sono state eseguite tra Calabria, Campania, Sicilia, Toscana, Piemonte e Lombardia O.C.C. volte a neutralizzare una ramificata organizzazione criminale, dai marcati profili internazionali, capace di pianificare l’importazione di oltre tre quintali di cocaina dal Sud America. Le indagini hanno consentito di disarticolare un 'organizzazione estremamente complessa, composta da soggetti vicini a diverse ‘ndrine (Bellocco di Rosarno, Mole’ – Piromalli di Gioia Tauro, Avignone di Taurianova e Paviglianiti attivi sul versante jonico reggino).
Tra gli arrestati i fratelli Michele e Giuseppe Bellocco, coinvolti nell’importazione di centinaia di chili di cocaina dal Sudamerica, il pluripregiudicato rosarnese Rosario Arcuri classe 1953, vero e proprio collettore, specializzato nell’acquisto di cocaina per rifornire molteplici famiglie criminali, in grado di tessere fondamentali contatti utili per curare l’intero viaggio del narcotico, dal Paese produttore al porto di arrivo dove un equipe di “professionisti”, guidati da Domenico Lentini, un calabrese da anni emigrato in Toscana, provvedeva sia al recupero del prezioso carico direttamente dal container che alla successiva consegna ai “grossisti” del settore. I militari hanno sequestrato presso il porto di Livorno 300 kg di cocaina e circa 17 kg di codeina, ricostruendo, poi, un’ulteriore importazione di narcotico pari a 57 chilogrammi di cocaina e numerosi altri tentativi di importazione non andati a buon fine. Oltre alla preziosa polvere bianca gli indagati si adoperavano per trarre lucro anche da altre sostanze. Le indagini hanno provato, infatti, come i sodali riuscivano ad ottenere lauti guadagni anche dalla compravendita di importanti partite di marijuana, hashish ed eroina. Sempre Rosario Arcuri, coadiuvato dal fratello e dal figlio, negli anni aveva stretto solidi rapporti di collaborazione con una consorteria di narcos napoletani, capeggiati da Maria Rosaria Campagna, pluripregiudicata e compagna del noto boss di Catania Salvatore Cappello, attualmente detenuto in regime di carcere duro.
Calabresi e napoletani creano, così, una fitta rete di rapporti “d’affari” che, in prima battuta, vedono i partenopei al servizio dei calabresi per l’estrazione dello stupefacente dal porto di Napoli. - 10 maggio 2017, i Carabinieri, nell'ambito dell'indagine della Dda di Napoli, hanno arrestato 33 persone per associazione di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, estorsione e ricettazione, tutti aggravati dal metodo mafioso. I provvedimenti cautelari - emessi nei confronti di appartenenti al clan camorristico “Fragnoli – Pagliuca – Gagliardi”, operante a Mondragone (CE) - sono stati eseguiti nelle province di Caserta, Napoli, Milano e Pisa.
- 17 giugno 2017, i Carabinieri hanno sequestrato 23 chili di cocaina per un valore al dettaglio stimato fino a 12 milioni di euro. Il carico dello stupefacente è stato individuato durante un controllo ad un fiorentino di 58 anni e un albanese di 29, fermati mentre si scambiavano le auto, a Sesto Fiorentino (FI).
- 5 Luglio 2017, la Guardia di finanza Napoli e Pisa, ha eseguito l'arresto di 14 persone, ritenute contigue a clan della camorra, indiziate di appartenere ad un'associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti e al successivo riciclaggio dei proventi illeciti, . Nell'operazione, coordinata dalla Dda di Napoli e dall'Autorità giudiziaria spagnola, sono stati sequestrati 520 chili di eroina e oltre 450 chili di marijuana lungo l'asse Napoli, Pisa, Spagna e Germania.. Sono stati eseguiti sequestri di beni per un valore di 5 milioni di euro in Germania, Spagna Portogallo e Inghilterra. Gli arrestati sarebbero legati ai clan Polverino di Marano (NA) e Puccinelli-Petrone del rione Traiano di Napoli.
- 13 dicembre 2017, la Guardia di finanza di Pisa ha smantellato un'associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti tra Albania, Macedonia e nord Italia. Sono state arrestate 12 persone (11 albanesi e un italiano) e sequestrati 80 kg di cocaina e eroina. L’organizzazione aveva creato una rete di distribuzione in Toscana (Pisa), Lombardia, Liguria, Puglia, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige.
- 20 febbraio 2018, la Squadra mobile, coordinata dalla Dda di Napoli, ha eseguito 17 ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione finalizzata al traffico e alla commercializzazione di sostanze stupefacenti e detenzione e porto di armi da guerra. L’attività investigativa ha consentito di individuare un’organizzazione internazionale dedita al narcotraffico, ritenuta in rapporti d’affari con organizzazioni di stampo camorristico operanti nell’area orientale di Napoli, il clan De Micco di Ponticelli e con il clan Reale-Formicola del Rione Pazzigno di San Giovanni a Teduccio. La cocaina importata dalla Colombia, dall’Olanda e dalla Spagna veniva smistata nelle piazze di spaccio napoletane di Ponticelli e San Giovanni a Teduccio, nelle città di Latina e Frosinone e a Massa Carrara. Nel corso dell'operazione sono state sequestrate 12 pistole di diverso calibro; 2 mitragliette UZI; 1 fucile di precisione; 636 proiettili di calibro diverso; Katana, caricatori, bilancini elettronici di precisione e abbattitore di frequenza (Jammer); 20 chili di cocaina, 20 chili di hashish, 5 chili di marijuana; contanti per 10mila euro; 170mila euro di banconote false da venti euro. Tra gli arrestati anche una persona di Massa Carrara.
- 13 marzo 2018, la Guardia di finanza e l'ufficio delle Dogane hanno sequestrato 200 chili di cocaina, per un valore di 45 milioni di euro, nel porto di Livorno. L’ingente quantitativo di cocaina, suddiviso in 200 panetti, era stato nascosto in alcuni borsoni posizionati all’interno di un container proveniente da San Antonio (Cile), in seno al quale era stato caricato materiale scenografico, destinato in Spagna.
- 27 marzo 2018, i Carabinieri hanno arrestato 4 persone per traffico internazionale di stupefacenti. Sono stati colpiti dal provvedimenti di custodia cautelare: Giovanni Sutera, palermitano, classe 1958, già condannato all'ergastolo, ma era stato sottoposto al regime di libertà vigilata, poiché riconosciuto colpevole dell'omicidio di un gioielliere fiorentino e - durante la latitanza - di quello di Graziella Campagna, una ragazza di 17 anni uccisa in provincia di Messina nel 1985; Renato Sutera, classe 1962, fratello di Giovanni; Ruben Crespo Guerra, 43 anni, un pregiudicato spagnolo di Valladolid con precedenti penali per omicidio, rapina e traffico di stupefacenti; Pavlin Delia, cittadino albanese di 38 anni, residente a Cenate di Sotto, nel bergamasco. Oltre ai 4 arrestati, sono state indagate altre 7 persone, ritenute presunte prestanome dei Sutera, che negli ultimi anni si sarebbero prestate a fare da titolari e amministratori di facciata del Caffè Curtatone di Firenze. Il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo ha affermato “due esponenti di cosa nostra (ndr: i fratelli Sutera) avevano acquistato un bar nel centro di Firenze e intanto si dedicavano al traffico di stupefacenti”.
RIFIUTI
- 29 gennaio 2016, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Roma hanno eseguito ordinanze di misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali o professionali per 12 mesi, nei confronti di cinque persone accusate di aver organizzato attività per il traffico illecito di rifiuti e truffa. È stato anche eseguito il sequestro preventivo dell'impianto industriale di trattamento dei rifiuti gestito da una società di Guidonia Montecelio. Sequestri ed ordinanze sono state emesse dal Gip del Tribunale di Roma che ha accolto le richieste della Direzione distrettuale antimafia in relazione ai reati di attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti ed alla truffa. Secondo l’accusa i cinque avevano creato un cartello accordandosi prima sulle offerte da fare e aggiudicandosi così due dei tre lotti - da un milione e 287 mila euro e da 819 mila euro -, da qui la truffa contrattuale per i minori ribassi presentati per vincere l’appalto. Nell’indagine ci sono anche altri indagati: i carabinieri hanno infatti eseguito una quindicina di perquisizioni anche ad altre ditte con la collaborazione dei militari di Firenze, Ancona, Campobasso, Perugia, Grosseto e Pescara.
- 9 marzo 2016, inchiesta della procura di Firenze sull'appalto per la gestione dei rifiuti nella Toscana del sud. Il 20 marzo 2017 la società - che si occupa della gestione integrata dei rifiuti nelle province di Siena, Arezzo e Grosseto - è stata commissariata su richiesta del presidente dell'Anac, Raffaele Cantone.
- 3 marzo 2017, I Carabinieri forestali di Livorno, Arezzo, Pisa, Pistoia e Brescia, e la Guardia di Finanza di Firenze, su delega della Procura della Repubblica di Firenze - Direzione Distrettuale Antimafia, hanno perquisito le sedi legali e le discariche di diverse società operanti nel settore dei rifiuti, e proceduto al sequestro di documenti e materiale informatico. L’attività d’indagine riguarda il traffico illecito di rifiuti non smaltibili presso gli impianti che li hanno ricevuti in Toscana e nella provincia di Brescia. Tale meccanismo potrebbe aver così consentito alle società degli indagati di risparmiare gli ingenti costi dell’idoneo smaltimento.
- 26 aprile 2017, 98 persone indagate e 61 società coinvolte (Prato, Montemurlo, Arezzo Veneto e Campania) nell'ambito dell'inchiesta svolta dai carabinieri forestali, coordinati dalla Dda Firenze, relativa ad un'associazione per delinquere di tipo transnazionale dedita al traffico di rifiuti industriali (plastica e stracci) dall'Italia alla Cina. I rifiuti partivano da diversi porti italiani tra i quali Livorno, Genova e Venezia. Un cittadino cinese residente a Prato era uno dei principali responsabili del traffico di merce. Alcuni interessi sarebbero esercitati anche dal clan camorristico "Fabbrocino", costola dei Casalesi. Coinvolti nel traffico transnazionale sono anche i noti Vincenzo e Ciro Ascione, padre e figlio, originari di Ercolano, ma di fatto attivi da tempo a Prato, legati al clan della camorra Birra-Iacomino di Ercolano (NA)
- 9 maggio, i Carabinieri hanno perquisito la sede Alia, la società che gestisce la raccolta dei rifiuti a Firenze. L'inchiesta, coordinata dalla procura di Firenze, riguarda la gestione dei rifiuti riciclabili. Sei sarebbero le persone indagate, a vario titolo, per abuso d'ufficio e traffico illecito di rifiuti.
- 21 giugno 2017, i Carabinieri Forestali di Firenze hanno notificato a 7 persone (6 in Toscana) l’avviso di conclusioni indagini emesso dalla DDA di Genova, nell'ambito dell'inchiesta denominata “500 Mesh”, in relazione ai reati di attività organizzate per traffico il traffico illecito di rifiuti (art. 260 D. Lgs 152/06) in concorso e continuato. Tra gli indagati anche i titolari dell’ex Cava di Paterno ubicata nel Comune di Vaglia (FI), nonché titolari di aziende della provincia di Massa Carrara.
- 19 settembre 2017, la Procura di Grosseto ha emesso un provvedimento di perquisizioni (Grosseto, Vicenza, Rimini, Siena, Livorno, Pisa e Firenze) per i reati di corruzione, abuso d'ufficio, turbativa d'asta e truffa aggravata in relazione all'affidamento della gara per la costruzione e gestione dell'impianto 'Pump & Treat', nel sito dell'ex discarica delle Strillaie, sito in provincia di Grosseto. Tra i siti perquisiti le discariche Le Strillaie e Cannicci, dove operano imprese dei sei indagati. Da tener presente che nei due impianti in questione ci sono stati due incendi il primo nel mese di aprile, presso quello delle Strillaie; il secondo a giugno, in quello di Cannicci, nel comune di Civitella Paganico (GR). Per spegnere quest'ultimo, di probabile origine "dolosa", sono servite trenta ore di lavoro dei vigili del fuoco.
- 5 ottobre 2017, nell'ambito operazione "Metauros" contro la 'ndrina Piromalli, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, riguardante lo smaltimento illecito di rifiuti in Calabria, sono state arrestate sette persone, per associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni. Uno dei fermati, un imprenditore di Reggio Calabria, è stato arrestato a Firenze. Risulta indagata anche la moglie di quest'ultimo, poliziotta in servizio presso la Questura del capoluogo toscano.
- 11 ottobre 2017, la Guardia costiera, coordinata dalla Dda di Roma, nell'ambito dell'operazione "End of Waste", hanno arrestato sette persone per traffico internazionale di rifiuti metallici contaminati. Sono stati sequestrati alcuni stabilimenti nel Lazio e in Umbria, e confiscati anche svariati milioni di euro. I rifiuti contaminati venivano nascosti nei container e spediti in Cina, Indonesia, Pakistan e Corea. L’organizzazione criminale, poi, caricava i rifiuti nei porti di Livorno, Civitavecchia La Spezia, Genova e Ravenna.
- 13 dicembre 2017, i Carabinieri forestali hanno eseguito perquisizioni nell'ambito dell'inchiesta della Dda fiorentina, che vede indagate 13 persone, 7 aziende coinvolte, per associazione per delinquere e traffico illecito di rifiuti. I provvedimenti sono stati eseguiti in sei regioni: Lombardia, Campania, Puglia, Liguria, Lazio e Toscana (Firenze e Livorno). Dalle intercettazioni telefoniche è emerso che uno degli indagati, mentre parlava di una discarica vicino a una scuola, ha detto: "Ci mancavano anche i bambini che vanno all'ospedale, che muoiano i bambini. Non mi importa dei bambini si sentano male. Io li scaricherei in mezzo alla strada i rifiuti".
- 22 dicembre 2017, 59 persone rinviate a giudizio e 20 aziende coinvolte per lo smaltimento illecito di rifiuti, nell'ambito di un filone dell’inchiesta chiusa dalla Dda di Firenze. Nell'indagine anche due cartiere, la Lucart spa di Lucca e Pieretti di Capannori, che producevano il "pulper" (incenerimento di scarti di lavorazione provenienti dal ciclo produttivo della carta), poi gestito dalla 3F Ecologia di Pistoia.
Fanghi
tossici,
provenienti
anche da vari depuratori,
tra cui quello di Gaia Fossa Maestra di Carrara
e quello Geal di Lucca,
spacciati per concimi, venivano
sparsi nei campi coltivati
nella
zone di Peccioli
(Pisa),
Palaia
(Pisa)
e Montaione
(Firenze).
Secondo gli inquirenti, i titolari degli impianti di produzione dei
fanghi e di quelli di trattamento (la veneta Coimpo srl, Consorzio
del torrente Pescia
spa, Gaia spa, Sea risorse spa di Viareggio
e Asa di Livorno),
li destinavano ai terreni agricoli sebbene contenessero
concentrazioni di inquinanti tali da peggiorare la qualità
ambientale del suolo. Un ruolo attivo nello sversamento abusivo dei
fanghi, con la connivenza dei proprietari dei terreni, sarebbe stato
svolto dalla società Dc Green di Vicopisano. Nell'inchiesta è
coinvolta anche la
Veca
Sud,
già sottoposta ad altre indagini (anche
Tav Firenze), poiché
ritenuta
dagli investigatori
“strettamente
collegata ad ambienti della criminalità organizzata di tipo
camorristico e in particolare ai clan dei Casalesi e alla famiglia
Caturano”.
- 9 marzo 2018, i Carabinieri forestali hanno sequestrato il materiale franato da una piazzola di sosta della E45, a Pieve Santo Stefano, in Valtiberina toscana, in provincia di Arezzo. Nell'area in questione sono stati rinvenuti, sotto il manto stradale, rifiuti speciali.
- 20 marzo 2018, tredici le persone denunciate, a vario titolo, dalla Polizia municipale di Prato, per traffico illecito di rifiuti. Le indagini sono partite a seguito del sequestro, da parte della polizia municipale di Cascina (PI), di un terreno usato illecitamente come deposito di scarti tessili, riconducibili ad aziende pratesi. Gli agenti di Prato hanno individuato sia le aziende produttrici degli scarti sia il mezzo con cui tali residui venivano trasferiti a Cascina. Tra gli indagati un imprenditore pisano ed uno livornese, nonché una cittadina cinese residente a Livorno ma con solidi rapporti con le aziende tessili pratesi.
INFILTRAZIONI
IN ATTIVITÀ ECONOMICHE E APPALTI
- 19 gennaio 2017, operazione anti 'ndrangheta (cosca Piromalli) nelle province di Roma, Viterbo, Latina, Rieti Mantova, Milano, Agrigento, Messina, Palermo, Ragusa, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Vibo Valentia, Caserta, Napoli, Salerno e Pisa (Pomarance). La Guardia di finanza, coordinata dalle Dda di Reggio Calabria e di Catanzaro, ha eseguito il fermo di indiziato di delitto, nei confronti di 35 soggetti responsabili dei reati associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici, rapina ed estorsione, aggravate dal metodo mafioso (art. 7 l. 203/1191), nonché il sequestro preventivo di 54 imprese. I provvedimenti sono stati emessi nell’ambito di due distinti procedimenti penali incardinati rispettivamente presso le Dda di Reggio Calabria (operazione “Cumbertazione”), e di Catanzaro (operazione “5 Lustri”). Ruolo di spicco è stato ricoperto da Giorgio Morabito, soggetto originario di San Giorgio Morgeto (RC) che, già attivo nel settore degli appalti di lavori, si è affiliato alla cosca Piromalli avendo intuito che per fare il salto di qualità nel settore degli appalti doveva sposarne la causa. Nell'ambito dell'inchiesta, sono emerse una serie di ditte compiacenti aventi sede in Calabria, nel Lazio, in Sicilia, in Campania, in Toscana a cui venivano fatte presentare le offerte secondo importi che avrebbero automaticamente garantito ad una di esse l’aggiudicazione.
- 25 gennaio 2017, a seguito di interrogazione parlamentare del senatore Mario Giarrusso, nella quale si paventava possibili infiltrazioni mafiose nel porto di Viareggio, l’Autorità portuale regionale ha revocato la concessione alla Mgl Yachting Service srl. Dagli accertamenti eseguiti dai carabinieri, è emerso che le titolari della predetta società sono sposate rispettivamente con Giovanni De Maria, 54 anni, nato a Catania, e con Ettore Cammarata, 74 anni, nato a Termini Imerese. I due, secondo gli investigatori, sarebbero collegati al clan catanese dei Cursoti. Per questo motivo, la prefettura di Lucca ha emesso un'interdittiva antimafia nei confronti della Mgl Yachting Service srl.
- 15 febbraio 2017, interdittiva antimafia emessa nei confronti della Italcostruzioni Srl di Siderno (provincia di Reggio Calabria). L'azienda in questione - il titolare occulto, condannato in primo grato per associazione di tipo mafioso, è considerato vicino alla 'ndrina dei Commisso di Siderno - si era aggiudicata l’appalto per la realizzazione dell’ampliamento della discarica di Podere Rota, a Terranuova Bracciolini, in provincia di Arezzo.
- 9 maggio 2017, interdittiva antimafia, emessa dalla Prefettura di Cosenza, nei confronti della Cardamone Group Srl, aggiudicataria dei servizi di mensa scolastica di Cortona, in provincia di Arezzo.
- 26 marzo 2018, nell’ambito di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Firenze, i Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Lucca hanno proceduto, in Toscana e in Campania, all’esecuzione di 5 ordinanze di custodia cautelare, 50 perquisizioni e sequestri di beni, per circa 6 milioni di euro, nei confronti di 30 aziende, imprenditori contigui al clan dei casalesi e relativi prestanome, nonché di un funzionario pubblico corrotto, dirigente dell’ ASL 3 di Napoli sud, con sede a Torre Annunziata (NA). Le investigazioni hanno evidenziato un gruppo criminale, basato in Provincia di Lucca, che ruotava intorno agli imprenditori edili D. R. A., residente a Lucca, P. F., residente a Caserta e P. L., residente a Montecarlo (LU), i quali, utilizzando società con sede in Toscana e Campania, molte delle quali “apri e chiudi” ed intestate a prestanome, attraverso turbative d’asta attuate con “accordi di cartello”, si aggiudicavano oltre 50 commesse della ASL 3 di Napoli Sud, per lavori di somma urgenza e “cottimi fiduciari”, banditi per importi al di sotto di valori soglia oltre i quali sarebbe stato necessario imbastire formale gara di appalto. In questo modo, l’invito a partecipare veniva sistematicamente effettuato ad imprese, riconducibili al sodalizio, le quali, a turno, risultavano aggiudicatarie dei lavori. Questi ultimi, pur risultando falsamente attestati come avvenuti, di fatto in gran parte non venivano eseguiti. A tale scopo, il sodalizio stabiliva consolidati rapporti corruttivi con D. S., residente a Pimonte (NA), Dirigente Responsabile della predetta ASL, il quale non solo aggiudicava l’appalto in violazione delle norme di trasparenza, correttezza e imparzialità, ma consentiva al sodalizio di conseguirne il pagamento pur in assenza di qualsivoglia esecuzione dei lavori. Il gruppo criminale riusciva così, negli ultimi anni, ad incamerare illecitamente e “a costo zero” appalti per oltre 6 milioni di euro, che venivano riciclati nello svolgimento delle attività immobiliari del sodalizio - come l’acquisto, la ristrutturazione o la costruzione di edifici da parte di società del gruppo con sede in Provincia di Lucca e Grosseto, in tal modo inquinando l’economia legale e alterando le condizioni di concorrenza. Una parte dei profitti veniva inoltre trasferita e, all’occorrenza, monetizzata attraverso pagamenti di forniture fittizie alla società E. Srl., con sede legale a Roma e base operativa a Casaluce (CE), di fatto diretta dall’imprenditore F. V., residente a Frignano (CE), anch’egli destinatario di misura cautelare personale. Quanto al pubblico ufficiale D., quest’ultimo, a fronte dei favori resi all’organizzazione, otteneva denaro, la vendita di un appartamento ad un prezzo ampiamente sottostimato e altre utilità a favore di suoi familiari. Ad alcuni tra i soggetti oggi arrestati viene altresì contestata l’aggravante di aver agevolato la cosca mafiosa dei casalesi “fazione Zagaria”, notoriamente radicata nel casertano (Casapesenna, San Cipriano D’Aversa, Trentola Ducenta, San Marcellino) e con ramificazioni in Toscana, nel Lazio e in Emilia Romagna, da sempre caratterizzata per il suo particolare attivismo nel mondo imprenditoriale e nel settore degli appalti pubblici. In particolare, i P. e D. R. potevano considerarsi “a disposizione del clan” avendogli inoltre consentito, tramite un imprenditore campano considerato “a libro paga” della famiglia Z., di aggiudicarsi diversi appalti della ASL 3 di Torre Annunziata (NA). Tra gli ulteriori appartenenti al sodalizio si evidenzia, infine, un avvocato, indagato a piede libero ed esercente l’attività di consulente del lavoro con sedi a Salerno e a Follonica (GR), il quale, consapevole della fittizietà dei lavori e della riconducibilità della aziende interessate ai suddetti soggetti, forniva loro servizi contabili e amministrativi, assicurando un’apparente regolarità delle attività imprenditoriali e della contabilità degli appalti. L’operazione odierna è stata condotta, sotto l’egida della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, in stretto collegamento investigativo con la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e la Procura della Repubblica di Napoli Nord, la quale, nell’ambito di un distinto contesto di indagini, sta procedendo, con la Guardia di Finanza di Aversa, all’esecuzione di 34 misure cautelari personali.
CAPORALATO
- 16 marzo 2017, i Carabinieri per una vasta operazione di controllo contro il caporalato in provincia di Siena. Sono stati eseguiti controlli a carico di lavoratori di una cooperativa che lavora per conto terzi, impegnati in un lavoro stagionale a Radda in Chianti, Castellina in Chianti e Castelnuovo Berardenga. Sempre nel Chianti nell'autunno scorso c'era stata un'altra grossa operazione contro il caporalato. I braccianti venivano sfruttati e pagati 4-5 euro l'ora. Secondo le accuse queste aziende da anni utilizzavano profughi provenienti da Pakistan e Africa. Il lavoro era a nero, nelle vigne e negli oliveti.
- 29 settembre 2017, tre misure di custodia cautelare in carcere sono state eseguite a carico di tre cittadini turchi, titolari di una cooperativa conto-terzista con sede a Grosseto. I reati contestati sono caporalato e sfruttamento del lavoro (esito notizia precedente). Altre tre persone risultano indagate. I braccianti della cooperativa in questione, oltre a lavorare nella zona del Chianti, venivano impiegati anche nelle aziende agricole di mezza Italia.
ANTICONTRAFFAZIONE
- 26 giugno 2017, operazione “Himalayan” della Guardia di finanza di Viareggio, nell’ambito della quale sono stati sottoposti a sequestro oltre 147.000 prodotti e accessori contraffatti. L'indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Firenze, ha permesso di disarticolare una organizzazione criminale, dedita in modo abituale e sistematico alla produzione ed alla successiva commercializzazione di prodotti di alta pelletteria recanti marchi industriali contraffatti, che si snodava tra la Toscana e la Lombardia. nonché individuare i luoghi di stoccaggio dei prodotti contraffatti. Risultano indagati sette italiani ed un cinese, per i reati di contraffazione, commercializzazione di prodotti recanti marchi industriali falsi e ricettazione, per un valore complessivo di diversi milioni di euro.
SENTENZE
PROCESSUALI
- 1 marzo 2017, la Cassazione ha confermato il sequestro di documenti e supporti informatici nei confronti dell'imprenditore Andrea Bulgarella e delle altre persone coinvolte nell'inchiesta. Resta valido, quindi, il provvedimento disposto il 30 settembre 2015 dal gip di Firenze su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Firenze per associazione per delinquere, truffa, appropriazione indebita, riciclaggio con l'aggravante di aver favorito la mafia. Dalle indagini dei carabinieri del Ros, coordinate dalla Dda fiorentina, il costruttore sarebbe legato alla criminalità organizzata e avrebbe, con le sue iniziative economiche e imprenditoriali, riciclato il denaro del boss latitante Matteo Messina Denaro.
- 13 aprile 2017, il Tribunale di Pistoia ha condannato a 9 e a 6 anni, per estorsione e usura, Vincenzo Ascione, 61 anni di Torre del Greco (NA) e residente a Montemurlo (PO), e Ciro Ascione, nato e residente a Prato, figlio di Vincenzo. Latitante in Tunisia, Vincenzo Ascione, secondo gli investigatori, è affiliato al clan camorristico dei Birra-Iacomino di Ercolano (Napoli). I delitti sono stati commessi ai danni dei titolari dell’Autofutura srl di Quarrata (PT), dichiarata fallita il 27 novembre del 2008. Il processo ha la sua origine dall'inchiesta sul traffico illecito di rifiuti (stracci) fra Prato e la Campania che nel 2011 portò a 18 arresti.
- 20 giugno 2017, la Procura di Massa ha chiesto il rinvio a giudizio di Bartolomeo Monachella, 42 anni, originario di Gela, per i delitti di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Gli inquirenti hanno riscontrato che Monachella ha chiesto e ottenuto denaro dal suo datore di lavoro, imprenditore titolare di una ditta con sede legale a Gela ma impegnata in un subappalto alla Nuovo Pignone, in provincia di Massa, dietro minaccia di ritorsioni da parte della Stidda.
- 25 ottobre 2017, il Tribunale di Firenze ha condannato una persona per usura. Il reato è stato commesso a Firenze.
- 1 dicembre, il Tribunale di Firenze ha condannato a 3 anni per usura un commerciante di moto di Vinci (FI).
OMICIDI
- 27 gennaio 2016, Carrara, omicidio del maresciallo Antonio Taibi. Il maresciallo dei carabinieri Antonio Taibi è stato ucciso sulla porta della sua abitazione a Carrara. L’assassino, Roberto Vignozzi, si è costituito poco dopo alla caserma dei carabinieri di Massa. L'uomo, il 19 luglio 2017, è stato condannato all'ergastolo.
- 2 febbraio 20016, un 27enne marocchino è stato colpito al petto con un coltello in Via Masaccio, a Firenze. I carabinieri hanno fermato, per il tentato omicidio, un tunisino, già noto alle Forze dell'ordine, trovato in possesso di un coltello sporco di sangue e di due Kg di sostanze stupefacenti.
- 7 febbraio 2016, un autotrasportatore quarantenne di origini lituane, Vitali Kimpis, è stato assassinato con un colpo al torace da un’arma da taglio. Secondo gli inquirenti è stato un killer esperto ed è presumile che abbia agito per un regolamento di conti.
- 10 marzo 2016, un giovane 26enne di nazionalità marocchina è stato accoltellato in pieno giorno lungo la passeggiata di Viareggio. La polizia ha arrestato il presunto omicida.
- 11 dicembre 2017, un diciannovenne di origini marocchine, Ayoub Jarmouni, è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco. Il giovane è stato trovato a Marina di Pisa, all'altezza del bagno Arcobaleno. Gli investigatori della Squadra Mobile di Pisa non escludono che possa trattarsi di un regolamento di conti fra bande rivali.
RAPINE
- 30 Agosto 2017, la Squadra mobile di Firenze e Pisa hanno arrestato otto persone ritenute responsabili dei reati di tentata rapina, porto abusivo di arma da fuoco, ricettazione e riciclaggio. I predetti, collegati alla criminalità organizzata pugliese, assaltarono con fucili mitragliatori due furgoni portavalori sull'A12, tra il casello di Rosignano Marittimo e l'uscita di Collesalvetti, ingaggiando con gli autisti un conflitto a fuoco. La rapina fallì perché riuscirono a forzare la blindatura del furgone che ha resistito ai tentativi di apertura. Gli arresti sono stati eseguiti in Puglia e Toscana (Firenze e Vicopisano).
- 27 gennaio 2018, tre individui a volto coperto e pistola in pugno sono entrati in una villetta nella zona del Galluzzo, a Firenze, ed hanno rapinato un imprenditore edile e la moglie che dormivano. Sempre nella stessa notte, a poche centinaia di metri di distanza, è stato messo a segno un altro colpo in villa.
- 20 gennaio 2018, due persone, probabilmente italiane, con casco integrale, una delle quali armata di pistola, hanno rapinato un supermercato a Firenze.
- 21 gennaio 2018, due persone con volto coperto hanno rapinato il proprietario di un ristorante di Firenze.
RICICLAGGIO
- 24 febbraio 2016, la Guardia di Finanza di Massa Carrara ha denunciato trenta persone per i reati di frode fiscale, falso, attività abusiva di prestazione di servizi di pagamento, ricettazione e riciclaggio. I militari hanno verificato una maxi evasione di imposte dirette, IVA e violazioni alla normativa antiriciclaggio perpetrata da imprenditori operanti nel distretto del marmo. Sono 19 le società del settore dell'estrazione e della commercializzazione di marmo coinvolte, molte delle quali con sede a Carrara.
- 10 marzo 2016, la Guardia di finanza di Arezzo ha eseguito numerose perquisizioni e sequestri in Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Veneto e Sardegna. L'indagine riguarda un'associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio. Tra gli indagati ci sono Flavio Carboni, Valeriano Mureddu. I 20 indagati dell'organizzazione criminale, appropriandosi del 'nero' creato grazie all'emissione e all'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ed approfittando della difficile congiuntura economica, hanno poi reimpiegato "tali provviste nell'acquisizione, anche tentata, di grandi aziende, che attraversavano un periodo di crisi finanziaria ed operano in settori strategici dell'economia nazionale". Le indagini hanno permesso di disvelare un articolato meccanismo di intrecci societari che coinvolgevano aziende rivelatesi 'cartiere', ossia del tutto inoperanti, che venivano utilizzate per drenare ingenti somme di denaro da dirottare sui conti correnti personali e dei familiari dei partecipi del sodalizio, alla cui organizzazione e funzionamento hanno contribuito vari consulenti e professionisti.
- 10 aprile 2017, la Guardia di Finanza di Arezzo ha arrestato due persone e altre due sono state denunciate in stato di libertà per traffico di oro al nero (riciclaggio e reimpiego di beni di provenienza illecita).
- 5 luglio 2017, a seguito di interrogazione del sen. Lumia per il caso “accaparratori” in Toscana, provenienti dalla Campania, paventando il reato di riciclaggio da parte della camorra, così come ipotizzato dalla Procura di Milano, il Vice ministro per l'interno Bubbico, ha risposto: "Si rappresenta che sono in corso diverse attività di indagine relative al fenomeno dell'accaparramento di merce scontata nei supermercati fiorentini. In particolare, la Questura di Firenze ha accertato che da qualche tempo alcuni gruppi di persone, di provenienza presumibilmente campana, sono soliti raggiungere supermercati della Toscana per effettuare acquisti di abnormi quantitativi di merce messa in vendita al pubblico a prezzi scontati o "sotto costo" in favore dei possessori delle tessere socio. Gli interessati raggiungono i supermercati in questione a bordo di furgoni di media grandezza, effettuano il carico di merce (spesso un unico prodotto in quantità elevata) e ripartono immediatamente. Alla luce di ciò, la Questura e il Comando provinciale dei carabinieri del capoluogo toscano hanno avviato una serie di attività investigative finalizzate ad accertare la sussistenza di condotte penalmente rilevanti. In particolare il citato Comando dei carabinieri ha riferito che attualmente l’attività svolta si trova nella fase delle indagini preliminari e che i primi riscontri sono stati comunicati alla Procura della Repubblica di Firenze...".
- 23 agosto 2017, la Guardia di finanza ha eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni a Firenze per un valore di un milione e 169mila euro, nei confronti di due imprenditori toscani accusati in concorso di appropriazione indebita aggravata e autoriciclaggio.
- 19 febbraio 2018, la Direzione investigativa antimafia, nell'ambito dell'operazione “Martingala”, ha eseguito provvedimenti nei confronti di 41 persone ritenute affiliate alle 'ndrine Barbaro e Nirta, in Toscana e in Calabria. Tutti sono ritenuti a vario titolo responsabili dei reati di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita, usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, trasferimento fraudolento di valori, frode fiscale, associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni, reati fallimentari ed altro. Sono stati eseguiti anche sequestri di imprese, beni immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 100 milioni di euro in Italia ed all’estero. Sono 14 i soggetti colpiti da ordinanza di custodia cautelare in carcere che hanno riguardato la regione Toscana (operazione Vello d'Oro), ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di associazione per delinquere, estorsione, sequestro di persona, usura, riciclaggio ed autoriciclaggio, abusiva attività finanziaria, utilizzo/emissione di fatture per operazioni false, trasferimento fraudolento di valori, aggravati del metodo mafioso di cui all’art. 7 della legge n. 203/91. Gli arresti sono stati eseguiti dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri. I militari hanno svelato meccanismi di riciclaggio di capitali sporchi di cosche della 'ndrangheta della provincia di Reggio Calabria con imprese del distretto del cuoio ed, in particolare, in concerie di Fucecchio e di Santa Croce. Secondo gli investigatori si tratterebbero di società conciarie sane i cui imprenditori toscani avrebbero preso accordi con esponenti in Toscana della 'ndrangheta per rafforzare la liquidità e per ottenere vantaggi sull'Iva tramite il pagamento di false fatture per operazioni commerciali inesistenti. E' stato disposto il sequestro preventivo di 12 società, di cui 7 con sede all'estero, e sospettate di essere controllate dalla 'ndrangheta. Queste sono società con sedi in Slovenia, Gran Bretagna, Austria, Croazia e Romania. Sequestrati numerosi conti correnti bancari. Le indagini hanno evidenziato che gli esponenti della 'ndrangheta attivi in Toscana andavano a prendere in Slovenia, presso una banca locale, il denaro oggetto del riciclaggio da svolgere in Toscana in collaborazione con aziende del distretto del cuoio. Secondo quanto emerge, il denaro veniva dato alle aziende "sane" che poi lo avrebbero restituito maggiorato di un tasso usurario con pagamento di false fatture, in particolare per la finta fornitura di pellami, fittiziamente pattuita con un imprenditore calabrese in Toscana. L'inchiesta è partita dalla denuncia di un imprenditore conciario ai carabinieri di Empoli nel 2014. L'uomo dichiarava di aver subito minacce per non aver pagato un prestito che gli era stato concesso a tassi di usura: si trattava di 30.000 euro di cui rendere 35.000 euro il giorno dopo, con un incremento del 17%, delitti commessi da Cosma Damiano Stellitano, imprenditore calabrese, di fatto domiciliato a Vinci (FI). Il procuratore nazionale antimafia, Cafiero De Raho, nel corso della conferenza stampa tenutasi nella procura fiorentina, ha affermato: <<Economia a rischio, il quadro è preoccupante sia in Toscana che in altre regioni del Centro-Nord>>.
INTERROGAZIONE SEN. LUMIA SU GAME OVER A FIRENZE
Atto n. 4-08946
Pubblicato il 23 marzo 2018, nella seduta n. 1 della 18ª legislatura
LUMIA - Ai Ministri dell'interno, della giustizia e dell'economia e delle finanze. -
CRIMINALITÀ ORGANIZZATA CINESE
Atto n. 4-08946
Pubblicato il 23 marzo 2018, nella seduta n. 1 della 18ª legislatura
LUMIA - Ai Ministri dell'interno, della giustizia e dell'economia e delle finanze. -
Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:
in data 1° febbraio 2018, la Direzione distrettuale antimafia di Palermo e la Polizia di Stato hanno dato origine ad un'importante operazione, diretta dal procuratore Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Salvatore De Luca, denominata "Game over", contro Cosa nostra ed i suoi investimenti nel campo del gioco in tutta Italia. Secondo diverse notizie di stampa, le agenzie di scommesse operanti su tutto il territorio nazionale chiuse e sequestrate nell'operazione "Game over" sarebbero quelle a marchio "b2875". Tale operazione ha portato ad un'ordinanza di custodia cautelare a carico di 31 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, riciclaggio, auto riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso, concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata alla raccolta abusiva di scommesse ed alla truffa ai danni dello Stato e traffico di stupefacenti. Tra gli arrestati vi è anche Benedetto Bacchi, detto Ninì, noto imprenditore siciliano legato al gioco delle scommesse on line, accusato di aver costituito una rete di affari al servizio delle cosche. Avrebbe instaurato negli anni un vero e proprio patto con la mafia, che gli avrebbe portato il monopolio nel settore, attraverso la gestione di 700 agenzie abusive in tutto il territorio italiano e un imponente giro d'affari di un milione di euro al mese, parte dei quali sarebbe stata poi usata per finanziare la stessa organizzazione mafiosa;
durante la propria attività di parlamentare l'interrogante ha più volte affrontato tale tematica, trattando le infiltrazioni di Cosa nostra nel settore dei giochi, sostenendo le diverse relazioni approvate dalle varie Commissioni antimafia, anche della XVII Legislatura, con la relazione approvata il 6 luglio 2016;
in data 2 febbraio il presidente della fondazione "Antonino Caponnetto", Salvatore Calleri, rilanciava tale problematica sul blog "Stop mafia", evidenziando che, nonostante gli esiti dell'operazione "Game over", a Firenze ancora è aperta e attiva un'agenzia di scommesse a marchio "b2875". Questo deve far riflettere sulla necessità di controllare a tappeto la situazione esistente a Firenze,
si chiede di sapere quali atti istruttori, ciascuno per quanto di competenza, i Ministri in indirizzo porranno in essere per esaminare tutte le agenzie di scommesse in Italia e verificare così le loro condizioni legali e le eventuali infiltrazioni criminali.
CRIMINALITÀ ORGANIZZATA CINESE
La
Fondazione Caponnetto pochi mesi fa ha completato un report sulla
mafia e/o criminalità organizzata cinese di cui al post:
In
questo focus preme sottolineare che nel report di cui sopra si
affermava che:
“emerge che la criminalità cinese presente nel triangolo Firenze,
Prato, Osmannoro-Sesto ha mostrato di essere fortissima a livello
nazionale dal profondo nord alla Sicilia. Gli altri criminali cinesi
sembrano quasi sottomessi ai gruppi del suddetto triangolo, quasi
come ci si trovasse di fronte ad una sorta di capitale della mafia
e/o c.o. cinese“.
La
recente inchiesta della procura di Firenze del gennaio 2018, nel
corso della quale sono stati effettuati arresti in Italia ed Europa,
ha consentito di smantellare una struttura piramidale con un
'capo dei capi' che pretendeva gli inchini,
Zhang Naizong, capo supremo anche in Europa della mafia cinese.
Per la procura e per il Gip del tribunale di Firenze, in questo caso,
ci sono gli estremi del 416bis. Per il tribunale del riesame no,
tanto che nel
febbraio scorso ha disposto la scarcerazione per oltre 20 cinesi che
erano finiti in cella nell'ambito dell'operazione 'China Truck' in
questione.
La procura di Firenze, a tal proposito, ha presentato un ricorso in Cassazione contro la decisione del tribunale del riesame. Nella dichiarazione di ricorso in Cassazione, la procura definisce la motivazione adottata dal riesame "carente perché costruita con motivazioni generiche e apodittiche". La procura rileva inoltre "una mancanza di analisi critica degli elementi probatori acquisiti".
MAFIA E/O CRIMINALITA' NIGERIANA
A Firenze operano forme di criminalità organizzata tipo nigeriano che tra l'altro è da anni presente in Italia con i propri gruppi organizzati con caratteristiche simili alla mafia.
Le organizzazioni criminali nigeriane sono presenti in tutta Italia con 3 gruppi che si fronteggiano anche a livello nazionale ed internazionale: i black axe, i maphite e la confraternita degli eye.
E' altamente probabile che tali forme siano tutte e tre presenti in Toscana visto i rapporti esistenti a livello nazionale tra i vari ceppi nigeriani esistenti in Italia.
Da tempo la Fondazione Caponnetto si occupa di tale fenomeno criminale mappandolo:
http://www.toscanamedianews.it/prato-i-tentacoli-pratesi-della-mafia-nigeriana.htmhttp://www.toscanamedianews.it/napoli-la-mafia-nigeriano-ha-colpito-anche-in-toscana.htm
http://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2017/11/14/news/la-nuova-rotta-della-droga-da-parigi-alla-toscana-i-corrieri-sono-richiedenti-asilo-1.16117584
INTERROGAZIONE SEN. LUMIA SU MAFIA NIGERIANA
Atto n. 4-08944
Pubblicato il 23 marzo 2018, nella seduta n. 1 della 18ª legislatura
LUMIA - Al Ministro dell'interno. -
INTERROGAZIONE SEN. LUMIA SU MAFIA NIGERIANA
Atto n. 4-08944
Pubblicato il 23 marzo 2018, nella seduta n. 1 della 18ª legislatura
LUMIA - Al Ministro dell'interno. -
Premesso che:
la criminalità nigeriana è da anni presente in Italia con i propri gruppi organizzati con caratteristiche simili alla mafia;
le organizzazioni criminali nigeriane sono presenti in tutto il territorio italiano con 3 gruppi che si fronteggiano anche a livello nazionale ed internazionale: i "Black Axe", i "Maphite" e la confraternita degli "Eiye";
a Torino, a gennaio 2018 sono state emesse 21 condanne senza aggravante mafiosa, come emerge da notizie di stampa (articolo de "la Repubblica", cronaca di Torino, del 12 gennaio 2018);
a Caserta, nell'aprile 2017, il tribunale del riesame, al contrario di quello di Torino, riteneva applicabile l'articolo 416-bis ai criminali nigeriani ("Il Mattino", edizione di Caserta, "Caserta, il tribunale del Riesame 'Mafia nigeriana come i casalesi'");
a Palermo, tre esponenti della Black Axe sono stati condannati in primo grado nel luglio 2016 a pene pesanti con l'aggravante del metodo mafioso ("la Repubblica", cronaca di Palermo, del 20 luglio 2018);
da tempo, la fondazione Caponnetto si occupa di tale fenomeno criminale mappandolo dove emerge la sua pericolosità,
si chiede di sapere:
quale iniziativa sia stata posta in essere per colpire in modo strategico e sistematico la mafia nigeriana;
quali accordi siano stato conclusi con la Nigeria per bloccare all'origine tale fenomeno.
ALTRE MAFIE E/O CRIMINALITA' STRANIERE
Verranno trattate successivamente
CONCLUSIONI
Se
sino a qualche anno fa si poteva sostenere che la Toscana era da
considerarsi messa meglio di altre regioni del centro e nord Italia,
ora la situazione è nettamente peggiorata. Come detto all'inizio del
Report le sottovalutazioni del fenomeno mafia hanno consentito il
salto di qualità da parte delle organizzazioni criminali, radicate
da decenni in questo territorio.
Possiamo
affermare che ora la Toscana è divenuta terra di criminalità
organizzata e che alcune zone del suo territorio sono state anche
colonizzate dalla mafia.
Gli
allarmi lanciati più volte dalla Procura nazionale antimafia, dalla
Direzione investigativa antimafia, da magistrati, da esponenti della
commissione antimafia e dalla Fondazione Caponnetto sono sempre
caduti nel vuoto. Solo recentemente ed esclusivamente a seguito delle
assai rilevanti inchieste di mafia, alcuni, hanno ammesso una
timidissima presa di coscienza.
Non
si è compreso che consapevolezza e prevenzione sono un
deterrente dirompente che innalza un argine insormontabile per
l'attecchimento del cancro della mafia.
Un
segnale forte e preciso è stato lanciato proprio a Firenze dal
procuratore nazionale antimafia, Cafiero de Raho, e dal sostituto
della Dna, Cesare Sirignano. Hanno deciso di fare le conferenze
stampa per le ultime operazioni contro 'ndrangheta e casalesi
a Firenze e non a Reggio Calabria, Napoli.
Ricordiamo
che a Firenze il procuratore nazionale antimafia, Cafiero De Raho, ha
affermato: ''Economia
a rischio, il
quadro è preoccupante sia in Toscana che in altre regioni del
Centro-Nord'',
mentre il sostituto Dna, Cesare Sirignano
ha sottolineato che ''L'operazione della Guardia di Finanza ha
consentito di sgominare un'organizzazione
contigua alla mafia casalese con base a Lucca''.
Un
segnale a chi non ha mai voluto recepire i segnali d'allarme lanciati
negli anni passati?
Ripetiamoli
questi segnali, messi già in evidenza nella parte dedicata alle
relazioni Dna.
1)
Penetrazione
e condizionamento di ambienti politico-amministrativi:
- ''...L’analisi delle acquisizioni investigative desumibili, anche, dalle attività poste in essere dalle articolazioni territoriali delle Forze di Polizia, fa ritenere che la criminalità organizzata continui a manifestarsi in Toscana attraverso spiccate capacità imprenditoriali, con una significativa penetrazione e condizionamento di ambienti politico-amministrativi, anche, ricorrendo a comportamenti corruttivi...''.
- ''...condizionamento dell'azione pubblica (funzionali soprattutto al controllo dei pubblici appalti) e di infiltrazione dell'economia e della finanza, grazie alla spiccata capacita relazionale e di mimetizzazione con il contesto di riferimento...''.
- ''...intromissione in ampi settori del mondo economico e politico, funzionali all'espansione fuori area nonché alla costruzione, nel tempo, di una solida base economica...''.
2)
Toscani affiliati o vicini alle cosche:
- Un altro aspetto da sottolineare è quello relativo all'affiliazione o ''vicinanza'' ai clan da parte di persone toscane. Sempre nella Relazione Dna 2016, infatti si legge: ''...si registra la continua emersione di spunti investigativi che vedono la presenza di appartenenti a cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra, operare in Toscana in concorso con elementi del luogo...''. Secondo è assai rilevante della mutazione e dell'enorme passo in avanti fatto dalla mafia in Toscana. Si veda anche quello che è scritto nella medesima relazione, riguardo all'omicidio Raucci: ''...L’episodio omicidiario è ritenuto uno dei più inquietanti avvenuti in toscana dal valore, altamente rappresentativo, della penetrazione delle cosche calabresi e della loro pericolosità. Il ricorso - nei casi estremi – all’applicazione, anche, oltre i confini regionali di origine, delle regole ferree che ne disciplinano l’agire, costituisce la spia di uno spaccato che ha visto allearsi trafficanti toscani con elementi calabresi stanziati nel territorio...''.
Quindi,
in primis, c'è da mettere in evidenza che nella relazione Dna del
2016 si parla anche di 'penetrazione
e condizionamento di ambienti politico-amministrativi'
in Toscana.
E'
la prima volta che la magistratura antimafia mette in rilievo questo
aspetto. Una novità assoluta - notata da nessuno da queste parti -
che dimostra e conferma il salto di qualità del crimine organizzato.
In
secondo luogo, il coinvolgimento di toscani nelle organizzazioni
criminali di tipo mafioso, che in alcuni casi hanno anche assunto
atteggiamenti criminali veri e propri, segnale, anche questo, davvero
inquietante. Sintomatica del fenomeno è la telefonata intercettata
nel corso dell'indagine sul traffico illecito di rifiuti, nel corso
della quale l'imprenditore toscano ha detto: “che
muoiano i bambini non m’importa”.
A
tal proposito, il sopracitato sostituto della Direzione Nazionale
Antimafia, Cesare Sirignano, durante una recente iniziativa a Casal
di Principe (CE), parlando di alcune indagini che hanno riguardato
altre regioni italiane, ha affermato: ''ho
scoperto, per esempio, che alcune province toscane, penso ad Arezzo e
Lucca, sono diventate Casalesi, non solo per la presenza di tanti
emigranti, ma di imprenditori legati al clan''.
La
mafia ha alzato la testa.
L'omicidio
Raucci, la 'ndrangheta dentro il mercato ortofrutticolo di Novoli, a
Firenze, e le ultime operazioni contro 'ndrangheta e casalesi sono
segnali inequivocabili.
Per
non parlare, poi, del caso dei fratelli Sutera,
da anni presenti a Firenze e la cosa era visibile a tutti. Inoltre la
condizione di ex mafioso in cosa nostra non esiste. Esiste semmai la
figura del collaboratore di giustizia, impropriamente chiamato
pentito. Ma non è il caso dei Sutera. Una domanda ed una
considerazione sorgono spontanee:
- Perché e da chi è stata sottovalutata la presenza?
- Si cerchino a Firenze altre attività dei Sutera. Quando un gruppo è presente da anni in una città, è raro che abbia un solo bar.
Boom dei reati
Infine
un cenno sui reati in Toscana.
Durante
l'inaugurazione dell'Anno giudiziario 2018, il presidente
della Corte di appello, Margherita Cassano,
ha messo in evidenza un
netto aumento percentuale dei reati, ed in particolare: +19,7% di
delitti contro la vita e contro l'incolumità individuale; +30,6% i
delitti contro il patrimonio mediante violenza a cose o persone (cioè
le rapine); +31,8% delitti in materia di stupefacenti; +30,6% reati
contro il patrimonio mediante frode, cioè le truffe; +29,5% delitti
contro la libertà individuale (violenze sessuali e reati ex art. 609
ter e quater del codice penale); +41,7% reati contro la famiglia".
E ancora: "Sono in costante aumento gli affari penali: presso la
corte di appello i processi penali sono aumentati del 24,3% e nel
settore di competenza della corte di assise si è registrato un
aumento complessivo del 46,7% tanto più significativo laddove si
consideri la tipologia dei reati di particolare allarme sociale di
sua competenza".
I dati sono stati confermati anche dalla relazione del procuratore generale Marcello Viola che ha sottolineato come siano aumentati i casi di omicidio volontario.
I dati sono stati confermati anche dalla relazione del procuratore generale Marcello Viola che ha sottolineato come siano aumentati i casi di omicidio volontario.
Il
procuratore generale ha poi ricordato l'operazione China
Truck
della Dda di Firenze e della polizia di Stato, affermando: "il
provvedimento cautelare di recente eseguito nei confronti di circa 50
persone di nazionalità cinese forte di una consolidata e numerosa
presenza sul territorio, in grado di esercitare un incisivo controllo
sulla propria comunità, si conferma in talune zone del territorio il
fenomeno più pervasivo e difficile da contrastare".
Viola
ha inoltre sottolineato: "Sono aumentate le iscrizioni per
delitti contro la pubblica amministrazione, ma il dato appare fin
troppo modesto di fronte alla gravità e alla diffusione del
fenomeno, come comunemente percepito, tale da dover essere
qualificato come una vera e propria emergenza".
132
CLAN
Di
seguito, l'elenco storico, aggiornato al 2 aprile 2018, dei gruppi
criminali nei cui confronti sono stati eseguiti provvedimenti nella
regione Toscana.
CRIMINALITA’
MAFIOSA SICILIANA
|
|||
Nr.
|
Clan
|
provenienza
|
|
1
|
Badalamenti (cosa nostra) | Cinisi (PA) | |
2
|
Cappello-Bonaccorsi (Carateddi) | Catania | |
3
|
Cavataio | Palermo | |
4
|
clan di Niscemi | Niscemi (CL) | |
5
|
Corleonesi (cosa nostra) | Corleone (PA) | |
6
|
Corso dei Mille | Palermo | |
7
|
Cosa nostra | Palermo e Catania | |
8
|
Cursoti | Catania | |
9
|
Ianni-Cavallo | Gela (CL) | |
10
|
Famiglie mafiose madonite | provincia di Palermo | |
11
|
Fidanzati | Palermo | |
12
|
Finocchiaro (Santapaola) | Aci Catena (CT) | |
13
|
La Barbera (cosa nostra) | Palermo | |
14
|
Madonia | Caltanissetta | |
15
|
Mandamento Partinico (corleonesi) | Partinico - PA | |
16
|
Mangialupi | Messina | |
17
|
Mazzei (cosa nostra) | Catania | |
18
|
Milazzo | Alcamo (TP) | |
19
|
Musumeci | Catania | |
20
|
Nicotra | Misterbianco (CT) | |
21
|
Passalacqua (corleonesi) | Carini (PA) | |
22
|
Piacenti | Catania | |
23
|
Pillera | Catania | |
24
|
Rinzivillo | Gela (CL) | |
25
|
Saccà (affiliati corleonesi) | provincia di Messina | |
26
|
Santapaola (corleonesi) | Catania | |
27
|
Spadaro | Palermo | |
28
|
Stidda | Gela (CL) | |
29
|
Stimoli- Morabito | Paternò (CT) | |
30
|
Tortoriciani | Tortorici | |
31
|
Virga (cosa nostra) | Trapani |
CRIMINALITA’
MAFIOSA CALABRESE
|
|||
Nr.
|
Clan
|
provenienza
|
|
1
|
Alvaro | Sinopoli (RC) | |
2
|
Anania | Cirò Marina (KR) | |
3
|
Anello | Fiumara di Francavilla Angitola (VV) | |
4
|
Ariola (locale) | Gerocarne (VV) | |
5
|
Asciutto | Taurianova (RC) | |
6
|
Avignone | Rosarno (RC) | |
7
|
Barbaro | Locri (RC) | |
8
|
Bellocco | Rosarno (RC) | |
9
|
Cataldo | Locri (RC) | |
10
|
Commisso | Gioia Tauro (RC) | |
11
|
Crea | Rizziconi _ (RC) | |
12
|
Cordì | Locri (RC) | |
13
|
Cosche Melito Porto Salvo | Melito Porto Salvo (RC) | |
14
|
Daponte-Cannizzaro | Lamezia Terme (CZ) | |
15
|
De Stefano - Tegano | Reggio Calabria | |
16
|
Facchineri | Cittanova (RC) | |
17
|
Farao -Marincola | Cirò Marina (KR) | |
18
|
Fedele | Sant’Onofrio (CZ) | |
19
|
Fiarè |
San
Gregorio d’Ippona (VV)
|
|
20
|
Forastefano | provincia di Cosenza | |
21
|
Gallace-Novella | Giardavalle (CZ) | |
22
|
Giglio |
Strongoli
(KR)
|
|
23
|
Grande Aracri | Cutro (KR) | |
24
|
Iamonte | Melito Porto di Salvo (RC) | |
25
|
Infantino | Gioia Tauro (RC) | |
26
|
Lentini | Gioia Tauro (RC) | |
27
|
Libri | Reggio Calabria | |
28
|
Locale di Corigliano | Corigliano (CS) | |
29
|
Locale di Rossano | Rossano Calabro (CS) | |
30
|
Lo Giudice | Rione Santa Caterina, Reggio Calabria | |
31
|
Maesano-Paviglianiti-Pangallo | Roghudi e Roccaforte del Greco (RC) | |
32
|
Mancuso | Limbadi – VV | |
33
|
Molè | Gioia Tauro (RC) | |
34
|
Morabito | Africo (RC) | |
35
|
Nirta - Strangio | San Luca (RC) | |
36
|
Novello | Cirò Marina (KR) | |
37
|
Oppesidano | Rosarno (RC) | |
38
|
Pesce | Rosarno (RC) | |
39
|
Piromalli | Gioia Tauro (RC) | |
40
|
Pititto-Prostamo-Iannello
|
Mileto
(VV)
|
|
41
|
Priolo | Gioia Tauro (RC) | |
42
|
Raso (‘ndrina Albanese) | Cittanova e Laureana di Borrello (RC) | |
43
|
Romeo | San Luca (RC) | |
44
|
Sergi-Marando | Platì (RC) | |
45
|
Siena | Cirò Marina (KR) |
CRIMINALITA’
MAFIOSA PUGLIESE
|
|||
Nr.
|
Clan
|
provenienza
|
|
1
|
Anemolo | Bari | |
2
|
Sacra corona unita | elementi del brindisino | |
3
|
Zonno | provincia Bari |
ALTRE
MAFIE
|
|||
Nr.
|
Clan
|
||
1
|
Banda della Magliana | Roma | |
2
|
Criminalità sarda | Sardegna | |
3
|
Mala del Brenta | Veneto |
Tot.
132 gruppi criminali
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