La vicenda dell’uccisione del giornalista Ján Kuciak e della sua fidanzata a Bratislava non possono essere sottovalutati. Il fatto è gravissimo. Riflettiamo insieme.
Bisogna innanzitutto smontare l’idea che la mafia non spari più. Togliamocelo dalla testa. Certo preferisce fare affari, colludere con la politica e con l’economia nel silenzio, senza dare all’occhio, ma quando la minaccia si fa consistente, come lo era le indagini che portava avanti Ján Kuciak, allora ricorre anche all’omicidio.
La ‘Ndrangheta e tutte le mafie di un certo rilievo vanno viste come un sistema fatto di diversi lati. Quello delle collusioni economico-finanziarie, dei rapporti con la politica, le istituzioni e gli apparati, di un certo modo di pensare e di agire sul piano culturale e sociale. Allo stesso tempo sono sempre pronte a mettere in moto il versante della violenza e dell’azione militare. Quando ne vediamo solo uno non dobbiamo dimenticare mai gli altri, a cominciare da quello degli spari, oggi solo in apparenza dimesso.
In questi giorni ho riprovato la stessa sensazione che ho avuto in occasione della strage di Duisburg, in Germania, avvenuta nell’agosto del 2007. In quel Ferragosto rovente fui raggiunto da diverse telefonate, anche dei più alti vertici istituzionali, che mi chiedevano cosa fare. Allora suggerì tre mosse:
- dedicare un vertice del Consiglio europeo, con i capi di governo dei Paesi membri, alla lotta alle mafie;
- costruire uno spazio giuridico comune antimafia e oggi anche antiterrorismo;
- costruire una Procura antimafia europea e una Direzione investigativa antimafia dell’Unione, alla luce dell’esperienza positiva fatta in Italia.
Si preferì, invece, tenere un basso profilo. I risultati sono che le mafie hanno continuato a ramificarsi ovunque e oggi rappresentano un gravissimo problema per tutta l’Europa. Non a caso da anni aggrediscono direttamente le risorse europee. In Italia lo abbiamo toccato con mano con le truffe della “mafia dei terreni” del Parco dei Nebrodi. Una mafia spietata che per poco non uccideva il presidente del Parco, Giuseppe Antoci, proprio perché insieme ai migliori investigatori locali si era scoperchiato il grande affare delle frodi comunitarie. In quell’occasione abbiamo risposto con i miei emendamenti al Codice antimafia, alzando le pene per questi reati che producono guadagni maggiori di quelli della droga. Abbiamo anche innalzato il controllo attraverso le interdittive antimafia, oggi contestate ad arte da parte di alcuni colletti bianchi e politici.
Il giornalismo d’inchiesta è una grande risorsa. Lo sappiamo perché qui in Italia abbiamo tanti casi di giornalisti esposti e a rischio. Dobbiamo evitare che anche questo omicidio sia vano, come purtroppo si sta rischiando a Malta con il recente assassinio di Daphne Caruana Galizia. Dopo la Slovacchia non aspettiamo che si consumino altri omicidi. L’Europa si svegli e investa sugli Stati Uniti d’Europa dell’antimafia. Si svegli anche la nostra classe dirigente, perchè la lotta alle mafie diventi una vera priorità da affrontare con progettualità e sistematicità, prima che sia troppo tardi.
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