Omcom ritiene in alcuni punti tale estratto non preciso .
CANADA
La presenza della criminalità organizzata italiana o con radici italiane in territorio canadese è un fatto ben noto alle autorità giudiziarie e investigative del nostro Paese. Cosa nostra, attiva nella zona di Montreal (provincia del Québec), ha raggiunto negli anni con il clan Rizzuto un ruolo egemone sul territorio, controllando e coordinando varie attività illecite sia dei gruppi criminali di diversa matrice etnica, compresi quelli calabresi e irlandesi, sia degli Hell’s Angels 593.
Le attività prevalenti si estendono dal traffico di stupefacenti all’usura e al racket delle estorsioni, dal gioco d’azzardo all’accaparramento di appalti pubblici e alle conseguenti influenze nella vita politica locale. Ulteriori infiltrazioni di cosa nostra risultano anche in altre aree del territorio, quali le province British Columbia e Alberta ove, oltre alla cocaina, vi sono elementi che indicano movimentazioni di eroina e di precursori provenienti dalla costa dell’Oceano Pacifico. Secondo quanto emerso dai lavori di una recente commissione d’inchiesta del governo del Québec, di cui si dirà più diffusamente nel prosieguo, nel 2008 i profitti di cosa nostra canadese avrebbero raggiunto i 45 miliardi di dollari 594.
Tale organizzazione è più comunemente nota come famiglia Rizzuto, dal nome dello storico leader Nick Rizzuto originario di Cattolica Eraclea (AG), il quale a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso è stato via via in grado di scalare le gerarchie fino ad affermarsi quale capo incontrastato della criminalità organizzata in Canada. Il figlio di Nick Rizzuto, Vito, ne ha ereditato poi la leadership divenendo una figura di primo piano con ampia eco mediatica in Nord America tanto da essere considerato in modo quasi oleografico, fino alla sua morte avvenuta per cause naturali il 23 dicembre 2013, l’unico “padrino” in grado di reggere il confronto con gli storici boss della mafia italo-americana.
593 Gli Hell’s Angels canadesi sono una motorcycle gang dedita prevalentemente allo spaccio di sostanze stupefacenti ed al compimento di un’ampia varietà di attività criminali a carattere violento e rappresentano, nel settore del crimine organizzato, una seria minaccia nel territorio canadese. 594 Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction, §. 1.2 La Mafia au Canada: repères historiques, pag. 746. https://www.ceic.gouv.qc.ca/ .
Come noto, cosa nostra americana - indicata anche con l’acronimo LCN (la cosa nostra) dagli inquirenti americani - è strutturata secondo i tradizionali principi e modalità organizzative tipiche di quella italiana, sia pure con qualche sensibile differenza frutto di fisiologici adattamenti alla peculiare realtà d’oltreoceano.
La famiglia Bonanno 595, una delle cinque famiglie newyorkesi presenti nella commissione di cosa nostra americana, ha da sempre esteso il proprio raggio di azione ed influenza sul territorio canadese. La storia criminale testimonia come negli anni Cinquanta i Bonanno, nell’obiettivo di assumere il controllo delle attività illecite a Montreal e, soprattutto, di sovrintendere e unificare in una sola organizzazione le varie articolazioni criminali che operavano in quella città, compresero che l’unica via per venire a capo della complessa situazione, che ora torna inopinatamente di attualità, era quello di porsi a capo dei due gruppi etnici prevalenti: quello siciliano e quello calabrese a seconda dell’origine dei suoi membri. Ai siciliani, sotto il comando di Luigi “Louie” Greco, fu affidato l’incarico di supervisionare il più lucroso traffico di sostanze stupefacenti, mentre al calabrese Vincent “Vic” Cotroni e ai suoi corregionali quello di gestire il racket nella città di Montreal.596
Tra le fila del gruppo dei siciliani emerse ben presto la figura carismatica di Nick Rizzuto il quale, avvalendosi degli intrecci familiari con la potente famiglia dei Cuntrera-Caruana attiva anche in Venezuela nel campo del narcotraffico, riuscì progressivamente a ritagliarsi spazi sempre più consistenti, fino a divenire un esponente di grande rilievo nel panorama della criminalità organizzata di Montreal. Negli anni ‘70 la famiglia Bonanno, ormai sul viale di un lento ma inesorabile declino, assistette progressivamente alla perdita del controllo sulla sua appendice a Montreal così favorendo l’ascesa in tale città di Paul Violi, un “autorevole” mafioso di origine calabrese, e rendendo ancor più critica la frattura con la fazione siciliana di cui Nick Rizzuto era oramai divenuto l’esponente di maggior prestigio. Rivalità questa che raggiunse il culmine nel gennaio del 1978 con l’omicidio di Violi organizzato da Nick Rizzuto e che proiettò questi al vertice dell’organizzazione canadese. 597
Questo momento rappresenta il punto di rottura dei “canadesi” con cosa nostra americana. Sciogliendo il giogo del vassallaggio con i Bonanno, Nick Rizzuto iniziò a coltivare l’ambizione che il proprio clan fosse riconosciuto come la sesta ed autonoma famiglia di LCN, avente pari rango delle altre cinque famiglie di New York. Per raggiungere tale obiettivo, Nick Rizzuto ritenne necessario stringere un’alleanza con Joe Massino, un nuovo boss dinamico e intraprendente nonché intenzionato a farsi largo nelle gerarchie della famiglia Bonanno e nella “cosa nostra” di New York. Accomunati dall’avere, pur con finalità diverse, un comune nemico, i due programmarono e realizzarono il triplice omicidio di Brooklyn del 5 maggio 1981 che sembrò decapitare definitivamente il vertice della famiglia Bonanno598.
A suggello di un patto così importante, Joe Massino pretese, tuttavia, che il figlio primogenito di Nick Rizzuto, il promettente Vito, prendesse parte all’agguato che doveva portare all’uccisione dei tre capi dei Bonanno, in modo da cementare col sangue lo storico accordo tra le due parti. Così si giunge, dunque, ad uno snodo fondamentale delle sanguinose vicende criminali canadesi e che ora tornano di attualità perché è da tali fatti che ha radice una lunga scia di sangue che è giunta sino ai nostri giorni e che ha interessato non solo il territorio canadese, ma anche la Sicilia e la Calabria. E’ proprio la partecipazione di Vito Rizzuto al triplice omicidio di Brooklyn del 1981 che, a notevole distanza di tempo in una logica mafiosa ben nota di faide e vendette, avrà effetti nefasti
595 Dal nome del suo storico leader Giuseppe Bonanno. 596 I Comitato – Lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed internazionale, seduta del 21 novembre 2017, audizione del professore Antonio Nicaso, resoconto stenografico n. 18. 597 I Comitato – Lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed internazionale, seduta del 21 novembre 2017, audizione del professore Antonio Nicaso, resoconto stenografico n. 18. 598 Si tratta del triplice omicidio avvenuto il 5 maggio 1981 ai danni di Alphonse “Sonny Red” Indelicato, Dominick Trinchera e Philip Giaccone.
sull’organizzazione canadese in quanto costerà a Vito Rizzuto nel 2004 l’arresto e la successiva condanna a otto anni di reclusione. Il provvedimento di arresto scaturiva, infatti, proprio dalle dichiarazioni rilasciate agli investigatori da Joe Massino il quale, dopo divenuto capo della famiglia Bonanno così aveva da tempo anelato, una volta arrestato decideva di collaborare con la giustizia rilasciando preziose informazioni alle autorità federali statunitensi. L’arresto e la condanna di Vito Rizzuto, nel frattempo succeduto al padre alla guida della famiglia, ha rappresentato un duro colpo per l’intera organizzazione criminale canadese. Al momento dell’arresto, la famiglia Rizzuto era da tempo giunta all’apice del suo successo, una vera holding criminale dai molteplici interessi in vari Paesi che comprendevano gli investimenti immobiliari, il riciclaggio, imprese di costruzioni e il traffico di stupefacenti, settore questo nel quale i Rizzuto erano divenuti dei referenti di livello mondiale. Il clan Rizzuto, infatti, era riuscito a coagulare attorno a sé, sotto forma di controllo, partenariato o alleanza, le più diverse espressioni criminali presenti nel territorio canadese, ivi comprese le cellule di ‘ndrangheta canadese operanti soprattutto a Toronto e persino varie bande di motociclisti (i cosiddetti bikers). La detenzione di Vito Rizzuto in un carcere degli Stati Uniti ha, inoltre, provocato un vuoto di potere in seno alla “sesta famiglia”, anche in ragione della natura composita e “multiculturale” dell’organizzazione che raccoglieva, e raccoglie tuttora, varie e diverse “correnti” criminali che soltanto grazie al carisma, all’autorevolezza e all’abilità di Vito Rizzuto erano state in grado di assicurare una ragionevole armonia e un efficace coordinamento in nome di lauti guadagni criminali per i sodali appartenenti a tutte le componenti del clan. La sesta famiglia, infatti, pur strutturata secondo i classici modelli gerarchici di cosa nostra americana, vedeva al suo interno varie componenti, le cui principali sono rappresentate dalla fazione siciliana, di cui i Rizzuto sono i principali alfieri, e da quella calabrese, con i reduci e la prosecuzione della originaria leadership dell’organizzazione costituita dalle famiglie Violi/Cotroni. In questo modo si è perpetuata quella dicotomia delle origini, tra siciliani e calabresi, solo apparentemente risolta o sedata dalle capacità strategiche di Vito Rizzuto. Inoltre, intorno ai due ceppi originari, con il tempo, si sono innestate altre componenti etniche: quella francofona, soprattutto a Montreal; quella di colore, con esponenti afro-americani o caraibici; quella ispanoamericana, attiva nel narcotraffico. A queste fazioni va aggiunta, non per ultima, la componente assai aggressiva e spregiudicata dei gruppi di motociclisti dediti alle attività criminali più disparate.599 Per un cartello criminale così composito e variegato, che conteneva in sé quasi fisiologicamente il germe di una pericolosa implosione, era fondamentale la funzione connettiva di un capomafia forte ed autorevole come Vito Rizzuto, le cui capacità diplomatico-strategiche gli avevano consentito negli anni di conquistare la fiducia e la lealtà delle diverse correnti dell’organizzazione, anche e soprattutto attraverso una accorta politica di selezione dei quadri direttivi sino ad arrivare ad affiliare, in spregio alle regole di cosa nostra, ma in nome di un concreto e vantaggioso pragmatismo, anche esponenti non aventi origini italiane. In tale eterogeneo scenario, pronto a deflagrare per l’assenza del leader carismatico, intorno al 2009 una fazione della sesta famiglia comprendente la corrente calabrese e quella francofona, entrambe coagulate intorno alla figura del francese Raynald Desjardins e del cognato Joe Di Maulo, inizia a manifestare pulsioni sempre più autonomiste rapidamente trasformatesi in ambizioni di scalata al potere dell’intera organizzazione. Nell’arco di poco meno di un anno, tra il 2009 e il 2010, si susseguono quattro omicidi, tra cui quello di Nick Rizzuto, figlio del boss Vito Rizzuto, e del patriarca ottantaseienne Nicola Rizzuto. Non tarda, così, ad attendersi la reazione di Vito Rizzuto che, una volta scarcerato nell’ottobre 2012, è determinato a riprendere il controllo dell’organizzazione. Non forse a caso un mese dopo viene ucciso a Montreal Joe Di Maulo, cognato di Desjardins. La scia di sangue continua poi con altri efferati omicidi di esponenti vicini alla fazione scissionista. A interrompere questa lunga teoria di fatti di sangue interveniva la morte, per
599 I Comitato – Lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed internazionale, seduta del 21 novembre 2017, audizione del professore Antonio Nicaso, resoconto stenografico n. 18.
cause naturali, del boss Vito Rizzuto il 23 dicembre 2013. L’inattesa scomparsa del carismatico capo mafioso segnava l’ennesima svolta nel conflitto interno alla famiglia di Montreal, incoraggiando la compagine rivale che, dopo un periodo di assestamento, trova un rinnovato impulso e procede alla eliminazione delle personalità più autorevoli tra gli uomini fidati del defunto boss. Da ultimo, il 1° marzo 2016 a Laval, nei pressi di Montreal, si assiste all’omicidio di Lorenzo Giordano, membro del consiglio direttivo della famiglia. Il successivo 28 maggio 2016, sempre nella stessa cittadina, anche Rocco Sollecito, indicato dopo la morte di Vito Rizzuto quale suo successore, viene colpito mortalmente al fuoco. Le vicende del clan Rizzuto andrebbero, infine, poste in relazione con due fatti avvenuti in Italia che non hanno visto sviluppi investigativi comuni tra i due Paesi. Il primo è l’arresto di Giuseppe Zappia, legato ai Rizzuto, in merito alla vicenda della costruzione del ponte sullo Stretto per cui erano già pronti 5 miliardi di euro di provenienza illecita da riciclare e quindi investire nell’opera pubblica. Il secondo fatto avvenuto in Italia è rappresentato dagli omicidi a Bagheria nel 2013 di Juan Ramon Fernandez e di Fernando Pimentel, soggetti sempre legati ai Rizzuto. Due vicende importanti che non possono non essere ricollegate alle dinamiche canadesi, e che richiedono quindi in prospettiva un intenso lavoro di sinergia con gli inquirenti canadesi. Se questo è quanto può dirsi sulle dinamiche evolutive in Canada sul versante cosa nostra, sul fronte, invece,‘ndranghetistico va innanzitutto ricordato che anche la presenza delle organizzazioni calabresi affonda le sue radici negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, contestualmente al flusso migratorio che nel secondo dopoguerra interessò quella nazione. Toronto, peraltro, è la città straniera che registra la più alta concentrazione di cittadini canadesi di origine italiana. La comunità nostrana, infatti, è costituita da circa mezzo milione di persone distribuite sull’intero comprensorio di Toronto. Qui si sono innestate le prime cellule ‘ndranghetistiche che negli anni Settanta ed Ottanta si sono sviluppate e consolidate fino a divenire una importante realtà criminale con costanti collegamenti con la Calabria. Il livello di radicamento è tale che, stando alle evidenze della sentenza “Crimine”, risultano operativi nella sola area di Toronto non meno di nove locali di ‘ndrangheta600, con una sovrastruttura gerarchica, il crimine (denominata talvolta come “Siderno Group of Crime” o crimine di Toronto”), con lo scopo di dirigere e pianificare le ramificate attività criminali dei locali e dirimere eventuali controversie interne. Il crimine canadese è, comunque, subordinato al crimine di Polsi” alla pari di ogni altra struttura di ‘ndrangheta. Mantiene contatti con la madrepatria attraverso idonei ambasciatori che fanno la spola tra il Canada e la Calabria quando ritenuto opportuno. 601 La prima attestazione sul piano giudiziario della presenza della ‘ndrangheta in territorio canadese è frutto dell’indagine denominata “Siderno Group”, nella quale veniva documentata l’esistenza agli inizi degli anni Novanta di un collegamento operativo tra le cosche di Siderno e le omologhe strutture insediate a Toronto per la gestione in sinergia del traffico internazionale di droga e per il reimpiego degli ingenti proventi così ottenuti in diversificate attività legali di copertura. A differenza di cosa nostra canadese che, come detto, ha sempre operato in piena autonomia rispetto alle famiglie mafiose siciliane, la ‘ndrangheta di Toronto ha mantenuto e mantiene tuttora uno stretto rapporto con la criminalità di riferimento nella madrepatria. Il rapporto di dipendenza gerarchico-funzionale con la ‘ndrangheta calabrese è poi emersa in tutta evidenza nelle indagini Solare (confluita nell’operazione Crimine) e Acero della procura distrettuale di Reggio Calabria, con il coordinamento della DNA. Alcune tra le più importanti cosche dell’area ionico-reggina
600 Secondo quanto riferito dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, sia le autorità italiane che quelle canadesi già nel 2008 erano a conoscenza della presenza di quattordici locali di ’ndrangheta nella sola zona di Toronto, in particolare nella Baia di Thunder Bay. Cfr., Salvatore Dolce, sostituto procuratore nazionale antimafia, seduta n. 178 del 9 novembre 2016, audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti.
601 I Comitato – Lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed internazionale, seduta del 21 novembre 2017, audizione del professore Antonio Nicaso, resoconto stenografico n. 18.
(Acquino, Coluccio, Commisso e Bruzzese) avevano attivato un reticolo di relazioni criminali con le loro propaggini attive in Canada ed in particolare a Toronto. Nel corso delle indagini era emersa, tra gli altri, la figura di Carmelo Bruzzese, capo del locale di Grotteria (RC), poi arrestato, soggetto già noto agli inquirenti italiani per aver svolto la funzione di anello di collegamento tra la ‘ndrangheta e l’organizzazione mafiosa operante in Canada e all’epoca riconducibile al più volte citato Vito Rizzuto. Le indagini evidenziavano, in particolare, che sette strutture criminali presenti nella sola città di Toronto602 erano attive non solo nel traffico di droga, ma anche nella perpetrazione di estorsioni nei confronti della locale comunità italiana, nel gioco d’azzardo, nell’usura e nel commercio di beni contraffatti. I proventi venivano poi reinvestiti in esercizi commerciali, per lo più bar e ristoranti, sia nel centro di Toronto sia nell’area di Woodbrige, cittadina significativamente definita come il “nuovo quartiere italiano”. Sviluppi investigativi più recenti, derivanti da indagini sempre condotte su iniziativa delle autorità italiane, hanno rivelato che, analogamente a quanto accade per il versante cosa nostra, anche sul fronte ‘ndrangheta canadese vi sono frizioni e spaccature interne tra le diverse componenti. Esemplare al riguardo è stata l’operazione Siderno Connection, conclusasi nel settembre 2015 con l’arresto per mafia e traffico di stupefacenti di trentacinque ‘ndranghetisti della locride, dove sono emerse profonde conflittualità interne tra due ’ndrine locali, gli AcquinoColuccio di Marina di Gioiosa Jonica e i Crupi egemoni sul territorio di Siderno (RC), entrambe aventi solide proiezioni e filiazioni in territorio canadese. Una spaccatura che riecheggia la scia di sangue all’interno della ‘ndrangheta di Toronto, avviatasi con l’assassinio del boss Carmine Verducci, occorso a Woodbridge il 25 aprile 2014, per poi proseguire con altri omicidi di soggetti originari di Siderno o loro sodali avvenuti sempre nella cittadina dell’Ontario. Dinanzi al susseguirsi di tali gravi vicende criminali, ai richiami nelle audizioni innanzi alla Commissione delle procure distrettuali calabresi circa l’attualizzazione di proiezioni della ‘ndrangheta calabrese nel Paese nordamericano, nonché dell’intensificarsi delle iniziative promosse dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo per rafforzare i meccanismi di cooperazione giudiziaria tra i due Paesi, la Commissione parlamentare antimafia ha ritenuto necessario fare la propria parte offrendo una sponda politico-parlamentare agli sforzi profusi dalle autorità nazionali di governo e inquirenti per rafforzare il dialogo di cooperazione con il Canada. Dal 25 al 28 settembre 2016, una delegazione della Commissione603 ha quindi svolto una visita di studio in Canada finalizzata ad approfondire il tema della presenza di insediamenti della criminalità organizzata italiana, il conseguente impatto nel panorama politico, istituzionale ed economico canadese, nonché gli strumenti di prevenzione e repressione previsti dall'ordinamento giuridico locale. Peraltro, in occasione della missione si aveva modo altresì di approfondire gli esiti del lavoro svolto da un’apposita commissione d’inchiesta604 (commissione Charbonneau), istituita dal Governo del Québec, incaricata di indagare sulla gestione degli appalti pubblici in detta regione francofona e conclusosi in un rapporto finale pubblicato nel novembre 2015605. In questo documento, in particolare, l’organismo d’inchiesta canadese ha dato conto di tutta una serie di epifanie dell’agire criminale - controllo del territorio, collusione con esponenti politici locali, accaparramento di appalti pubblici, voto di scambio e monopolio di settori economici legati all’attività edile - che sarebbe rientrata perfettamente nel paradigma dell’art. 416-bis c.p. qualora avesse avuto manifestazione nel nostro Paese e non in Canada dove, come si dirà nel prosieguo, non
602 Facenti capo all’epoca delle indagini ai seguenti: Vincenzo Tavernese e Giuseppe Andrianò; Cosimo Figliomeni; Antonio Coluccio, Cosimo Commisso; Angelino Figliomeni; Vincenzo “Jimmy” Demaria; Domenic Ruso.
603 Presidente Rosy Bindi, senatore Franco Mirabelli e onorevole Francesco D’Uva.
604 Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction. Vedi, https://www.ceic.gouv.qc.ca/ .
605 Rapport final de la Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction.”, novembre 2015. https://www.ceic.gouv.qc.ca/fileadmin/Fichiers_client/fichiers/Rapport_final/Rapport_final_CEIC_Integral_c.pdf .
esiste un corrispondente reato associativo pienamente sovrapponibile. Si aggiunge che un intero capitolo della relazione conclusiva della cosiddetta commissione Charbonneau è stata dedicata all'esperienza italiana, citata quale esempio virtuoso, con particolare riferimento alle attività d’inchiesta svolte da parte di questa Commissione parlamentare e alle competenze inquirenti degli organismi giudiziari e investigativi italiani specializzati nello specifico settore (DNA e DIA). La visita di studio è stata articolata secondo un intenso programma di riunioni che ha toccato sia la realtà federale sia quella a livello di provincia del Québec. A livello federale, nella capitale Ottawa, la Commissione ha incontrato le competenti autorità di governo, esponenti parlamentari, magistrati e i vertici delle forze di polizia. In particolare, la delegazione italiana è stata ricevuta: presso il Ministero della pubblica sicurezza, dal Ministro Ralph Goodale e dal comandante della Polizia federale, Bob Paulson; al Ministero della giustizia, da una delegazione presieduta dal Senior assistant deputy minister, Donald Piragoff, con la presenza di alcuni direttori generali e procuratori operanti nel settore del contrasto alla criminalità organizzata; al Ministero degli affari esteri, da una rappresentanza del dicastero presieduta dal direttore generale per la sicurezza internazionale ed intelligence, David Drake. A livello parlamentare, la delegazione italiana ha avuto occasione di incontrare i colleghi parlamentari membri delle commissioni giustizia e pubblica sicurezza, ivi compresi i rispettivi presidenti, Robert Oliphant ed Anthony Housefather. Presso la residenza dell’ambasciatore italiano ha avuto luogo, infine, una tavola rotonda conclusiva alla presenza di esperti e cultori della materia, quali il docente universitario Antonio Nicaso, per le proiezioni internazionali della ‘ndrangheta, e la criminologa Valentina Tenti, già consulente della commissione Charbonneau, per i profili di infiltrazione criminale nell’economia e nella finanza. A livello provinciale, la Commissione ha poi avuto modo di acquisire dalle autorità del Québec interessanti elementi di approfondimento sulla specifica realtà locale caratterizzata da una importante presenza della mafia di origine siciliana. All’incontro hanno preso parte i rappresentanti del Ministero della giustizia del Québec, della procura provinciale per le indagini criminali e della polizia del Québec, nonché dell’unità anticorruzione (Unità permanente contro la corruzione) e del comune di Montreal (Ufficio dell'Ispettore Generale). Soprattutto in questa ultima sessione di incontri, la Commissione è stata resa edotta più in dettaglio del considerevole lavoro d’inchiesta svolto dalla commissione Charbonneau. L’esigenza degli organi politici del Québec di avvalersi di un tale straordinario strumento d’inchiesta traeva origine da una serie di inchieste giornalistiche pubblicate nel 2011 che avevano scosso l’opinione pubblica e che alludevano all’esistenza di un vero e proprio sistema criminale nella gestione degli appalti per la realizzazione di opere pubbliche a Montreal. Amministratori comunali, esponenti politici locali, imprenditori operanti nel settore delle costruzioni e gli appartenenti al più pericoloso clan di cosa nostra americana presente in Canada (la famiglia Rizzuto), erano tutti parte di un pactum sceleris, via via consolidatosi nel tempo, in grado di controllare e condizionare le procedure di aggiudicazione ad evidenza pubblica bandite dalla locale municipalità606.
606 Il Rapporto finale della commissione Charbonneau fa risalire all’anno 2000 le prime solide testimonianze della diffusione di pratiche illecite nelle amministrazioni locali, quando numerosi esposti su comportamenti deviati di amministratori pubblici segnalati alle autorità cominciarono a trovare riscontro a varie inchieste condotte dagli organi inquirenti di polizia, così provocando reazioni sempre più indignate nonché la ferma presa di posizione di autorevoli esponenti della società civile che invocano l'assunzione immediata di misure drastiche per porre fine alle gravi compromissioni registrate in alcuni settori della pubblica amministrazione in Québec. Fra gli episodi più significativi di malaffare nel settore degli appalti veniva evidenziata la gara bandita dal comune di Montréal nel 2006 per l’installazione di circa 30 mila contatori per l’erogazione dell’acqua ad unità immobiliari di tipo commerciale e industriale ovvero destinati ad uffici pubblici. Un progetto risalente al 2002 quando l’amministrazione comunale pro tempore si prefisse lo scopo di risolvere definitivamente l’annosa questione della gestione del servizio idrico aggiudicando l’appalto dell’opera del valore di 356 milioni di dollari canadesi (pari a circa 250 milioni di euro odierni) ad un consorzio di imprese. Successive indagini posero in luce come le imprese aderenti al consorzio, in realtà, avevano da tempo stretti rapporti proprio con la società di ingegneria che era stata incaricata dal comune di Montréal di predisporre il capitolato tecnico dell’appalto più lucroso che fosse stato mai bandito da quella pubblica amministrazione. Vedi Rapport final de la Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction.”, Capitolo 8 “Les comptoirs d’eau”, pagg. 206 e ss.
Il lavoro della commissione Charbonneau, non privo di difficoltà ed ostacoli talvolta posti anche dalle medesime istituzioni pubbliche607, si è avvalsa del contributo di numerosi esperti ed operatori nel campo della lotta al crimine organizzato608 al fine di acquisire elementi di conoscenza sulle metodiche di infiltrazione dei sodalizi criminali nei circuiti legali dell’economia, nonché degli amministratori pubblici che avevano avuto un ruolo in appalti rivelatisi condizionati da pratiche corruttive e collusive609. Numerose, infine, le audizioni a testimonianza degli imprenditori locali, non di rado di chiara origine italiana, dalle quali emergeva, con dovizia di particolari, il funzionamento del meccanismo di spartizione degli appalti tra un cartello di aziende e delle modalità con cui il clan Rizzuto imponeva il “pizzo”, commisurato al 2,5% del valore dell'opera, oppure, in alternativa, costringeva le imprese aggiudicatarie ad approvvigionarsi da fornitori entrati nell’orbita del clan mafioso. Dopo quattro anni di intenso lavoro, nel 2015 la commissione d’inchiesta del Québec ha infine rassegnato il mandato affidato con la pubblicazione del rapporto finale (4 volumi - 1741 pagine) in cui, oltre ai citati casi di corruzione e di collusione praticati da pubblici ufficiali ed imprenditori del mondo delle costruzioni nell’affidamento degli appalti delle opere pubbliche in Québec e alle evidenze emerse in materia di illecito finanziamento di partiti politici, è stato posto in luce il ruolo assolutamente centrale della criminalità organizzata italo-canadese nei predetti contesti di malaffare. Sulla base di tali conclusioni, la commissione Charbonneau ha ritenuto necessario sottoporre all’attenzione della politica locale l’adozione di numerose proposte tutte incentrate sulla trasparenza degli appalti e sull’integrità dei mercati e degli operatori610.
607 Tra questi si cita il caso relativo alle informazioni acquisite nel corso di un’audizione in base alle quali la commissione Charbonneau apprendeva che la polizia federale canadese (RCMP), a margine di specifiche attività operative antidroga svolte dal 2002 al 2006, custodiva nei propri archivi numerose riprese video, giudicate non pertinenti con quel tipo di investigazioni, in cui si vedeva l’anziano patriarca del clan Rizzuto, Nicolò Rizzuto, nel retrobottega di un circolo sociale della Pétite Italie intento a ricevere “mazzette” di danaro da parte di decine di costruttori di Montréal. La RCMP, sollecitata dalla Commissione a fornire gli atti, opponeva il diniego alla trasmissione degli atti ritenendo che i commissari non fossero legittimati a formulare tale istanza anche in ragione dei limiti posti dalla legge federale canadese sulla privacy. Sollevato in via giudiziale il contenzioso tra i due organismi, la Cour Supérieure (Chambre Civil) statuiva in favore della commissione Charbonneau con decisione 500-17-071027-125 del 27.4.2012 . 608 Significativa, tra le tante, la testimonianza dell’ex agente FBI, Joseph Pistone, noto con il nome di copertura Donnie Brasco, in cui illustrava in modo particolarmente persuasivo i tratti caratteristici della cultura mafiosa e le metodiche seguite dai clan per infiltrarsi e riciclare ingenti risorse finanziarie di origine illecita. Vedi Rapport final de la Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction.”, Capitolo 9, §.1.2 “La mafia au Canada: repères historiques”, pagg. 746 e ss. 609 Vedi Rapport final de la Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction.”, pag. 12 e Capitolo 1, §.5.1 “Gilles Surprenant: des estimations gonflées”, pagg. 70 e ss., dove si riporta il caso di un funzionario pubblico della municipalità di Montreal noto nell’ambiente degli imprenditori locali per l’aver preteso dagli stessi, dal 1976 al 2009, una dazione fissa pari all’1% del valore dell’opera messa a gara dal suo ufficio (quasi il 97% del totale degli appalti). La sistematicità della pretesa illecita era tale che il soggetto veniva comunemente soprannominato Monsieur TPS (Tax Pour Surprenant). 610 Fra le principali misure proposte si citano sinteticamente le seguenti: creazione di un’autorità (Autorité des marchés publique) indipendente per il controllo centralizzato di tutta la materia concernente l’affidamento di appalti di opere pubbliche; rivisitazione di tutta la regolamentazione per integrare e uniformare i criteri base per l’affidamento delle commesse; applicazione di regole di maggiore riservatezza nell’espletamento delle procedure di gara (presentazione delle offerte, nominativi dei componenti la commissione di aggiudicazione, capitolati di appalto, ecc.); adozione di una nuova regolamentazione sul funzionamento degli appalti banditi da società di servizio degli enti locali o partecipate dalla pubblica amministrazione; introduzione di norme tese ad impedire la migrazione lavorativa di pubblici dipendenti verso le aziende private con le quali siano entrati in contatto nell’ambito di una procedura di aggiudicazione ad evidenza pubblica; divieto assoluto per i funzionari pubblici di ricevere omaggi o regalie da parte di soggetti o imprese e correlato divieto per questi ultimi di procedere in tal senso; assicurare maggior livello di tutela nei confronti di chi, impiegato o funzionario pubblico o anche semplice cittadino, intende denunciare irregolarità; creazione di una banca dati completa ed efficiente che consenta di identificare e conoscere tutti dati operativi sulle imprese esistenti nella provincia del Québec (Registre des entreprise du Québec); definizione di rigorosi parametri di integrità per le imprese che intendono ottenere la licenza di partecipazione ad appalti pubblici; coinvolgimento degli ordini professionali (ingegneri, architetti, consulenti fiscali e legali) per la definizione di nuove regole deontologiche tali da assicurare una partecipazione più attiva nella protezione dei fattori di interesse pubblico. Per un approfondimento, vedi Rapport final de la Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction.”, Parte IV, Capitolo 2, pag. 90 e ss. e, in particolare, per il quadro sinottico delle 60 recommandations, pag. 193 e ss.
siano misure specifiche in materia di prevenzione e repressione del fenomeno mafioso e del riciclaggio di capitali di illecita provenienza, il lavoro della commissione Charbonneau ha nondimeno il pregio di una chiara presa di consapevolezza delle criticità che derivano dalla saldatura tra mafia e politica e del ruolo della corruzione quale metodo attraverso il quale le mafie locali coagulano attorno a sé imprenditori senza scrupoli e pubblici amministratori infedeli. La Commissione si rammarica, tuttavia, del fatto che gli esiti della commissione Charbonneau non sembrano aver destato particolare interesse ed allarme al di là dei confini del Québec. A livello federale, ad esempio, non è stato riscontrato nel corso dei relativi incontri il giusto livello di tensione ed attenzione politica sullo specifico rischio di condizionamento della cosa pubblica da parte delle organizzazioni mafiose e ‘ndranghetistiche presenti e radicate, come più sopra accennato, non solo nel Québec ma anche in altre zone strategiche del Canada. Non può tacersi, inoltre, del rischio che le gravi evidenze illustrate nella relazione Charbonneau siano considerate, oltreché come una questione locale e circoscritta, esclusivamente nella loro dimensione verticale (corruzione, violazioni amministrative in materia di lavori pubblici, ecc.) senza considerare che tutti i singoli illeciti e manifestazioni di malaffare hanno una valenza ben più grave in quanto orizzontalmente caratterizzate dalla presenza della mafia e dall’infiltrazione di capitali sporchi nell’economia legale canadese.611 Un’ulteriore riflessione che questa Commissione ritiene meritevole evidenziare prendendo spunto dal pregevole lavoro svolto dall’organo d’inchiesta canadese, riguarda l’atteggiamento equivoco degli imprenditori del Québec nel loro interagire con gli esponenti mafiosi italo-canadesi, un atteggiamento questo che ha non pochi profili di analogia con quanto questa Commissione ha purtroppo osservato nel nostro Paese a proposito di una certa imprenditoria del Nord Italia laddove le ‘ndrine calabresi si sono radicate in regioni quali la Lombardia, l’Emilia Romagna e la Liguria. E’ un atteggiamento che è apparso il più delle volte agli stessi inquirenti canadesi non nettamente classificabile tra le due figure estreme, dell’imprenditore vittima di mafia, da un lato, e di chi è invece colluso con le organizzazioni criminali condividendone pienamente i fini, dall’altro. Al contrario, l’atteggiamento dell’imprenditore canadese delineato dalla Commissione Charbonneau sembra porsi au milieu tra i due estremi, configurando la figura intermedia dell’imprenditore opportunista, pienamente consapevole dei rischi per la propria incolumità qualora intenda sottrarre alla vis mafiosa, ma altrettanto consapevole dei vantaggi che conseguono nell’adesione al sistema corruttivo-mafioso. Nonostante la distanza geografica tra il Nord Italia e il Canada, il nuovo agire delle mafie, sempre più mercatiste e persuasive, sembra indurre una certa impreditoria senza scrupoli ad assumere modelli di comportamento straordinariamente e pericolosamente sovrapponibili nei due diversi contesti. Nella visita di studio, un secondo fronte di azione della Commissione antimafia è stato quello di offrire una sponda politico-parlamentare agli sforzi profusi dalle autorità nazionali, di governo
611 Cfr. seduta n. 178 del 9 novembre 2016, audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti: “Ho altresì fatto presente ai colleghi canadesi che, come peraltro già individuato dalla commissione Charbonneau istituita in Canada alla fine del 2015, di cui codesta Commissione ha perfetta conoscenza, il vero problema non è soltanto la catena di omicidi (purtroppo sono stati registrati venti gravissimi episodi delittuosi fra il 2009 e il 2016 nello scontro fra organizzazioni mafiose, in prevalenza ’ndranghetisti contro siciliani, ma anche fazioni di ’ndrangheta in contrasto tra loro per il controllo delle attività illecite e delle attività apparentemente lecite), quanto l'infiltrazione profonda della criminalità organizzata italiana, in particolare, come già evidenziato dalla commissione Charbonneau nella sua relazione, nel settore degli appalti pubblici, delle attività apparentemente legali, dei giochi, delle scommesse, del riciclaggio dei capitali illeciti. Quello che abbiamo percepito per quanto riguarda la gravità della situazione è che apparentemente non vi è ancora una sensibilità da parte delle istituzioni canadesi rispetto al fenomeno dell'infiltrazione di capitali illeciti nell'economia lecita del Canada, che è l'aspetto secondo noi più preoccupante.”
giudiziarie ed investigative, tese al necessario rafforzamento dei moduli di cooperazione bilaterale tra i due Paesi, anche alla luce delle numerose inchieste dalle procure distrettuali, soprattutto calabresi, con proiezioni in territorio canadese nonché della perdurante latitanza di diversi esponenti mafiosi localizzati oltre atlantico. La Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, infatti, unitamente al Ministero della giustizia aveva da tempo avviato una serie di interlocuzioni con le autorità canadesi sugli strumenti e sulle tematiche di cooperazione dell'assistenza giudiziaria, atteso che le rogatorie e le richieste di assistenza dell’autorità giudiziaria italiana, anche per quanto riguardava l'estradizione di soggetti italiani latitanti in Canada, stentavano ad essere accolte. La Commissione pertanto non poteva esimersi dal cogliere l’occasione della visita di studio per sollecitare e sensibilizzare le competenti autorità politiche e di governo. Sotto questo profilo, la “diplomazia dell’antimafia” – cardine dell’azione della Commissione – si è rivelata cautamente fruttuosa atteso che, così come riferito in audizione dal Procuratore Roberti, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, nonostante le prospettive di un accordo non fossero ormai da tempo delle più ottimistiche, nell’ottobre del 2016, poco dopo cioè la visita della Commissione, era in grado infine di sottoscrivere con il dipartimento di giustizia canadese “un documento di linee guida che offre un quadro di riferimento di criteri ai quali ispirare la futura cooperazione tra Italia e Canada”, così condividendo con le autorità canadesi la necessità di agevolare l’accoglimento delle rogatorie anche attraverso una “maggiore precisione e dettaglio sui fatti oggetto delle nostre indagini, abbiamo capito che è necessario essere più espliciti, più dettagliati, più puntuali nelle nostre richieste”.
612 Inoltre, a seguito della missione, la DNA ha registrato i primi concreti riscontri grazie all’esecuzione in territorio canadese di alcuni importanti atti da tempo richiesti dalle autorità giudiziarie italiane.613 Sull’argomento, va ricordato che la cooperazione giudiziaria in materia penale tra l’Italia e il Canada è basata sul trattato bilaterale di mutua assistenza in materia penale, firmato a Roma il 6 dicembre 1990, e sul trattato bilaterale di estradizione, sottoscritto a Roma il 13 gennaio 2005. Il Canada ha inoltre aderito alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata adottata dall’Assemblea Generale il 15 novembre 2000 (nota come Convenzione di Palermo 2000), pure ratificata dall’Italia, nonché alla Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope, firmata a Vienna il 20 dicembre 1988 (cosiddetta Convenzione di Vienna). Quanto all’assistenza giudiziaria in materia penale, se da un lato il livello di cooperazione giudiziaria con il Canada è favorito dalla circostanza per cui non è richiesta la via diplomatica per la trasmissione delle rogatorie essendo sufficiente il dialogo diretto tra i ministeri della giustizia, d’altro canto è accaduto di frequente che le procedure risultino rallentate per ragioni riconducibili alla diversità dell’ordinamento canadese (common law) rispetto a quello italiano, nonché per il fatto che è percepito come particolarmente complesso il nostro sistema di indagini, che prevede una direzione delle investigazioni da parte del pubblico ministero, figura questa che non esiste in quel Paese, dove invece le indagini sono svolte dalla polizia giudiziaria614. Queste differenze, è stato osservato dalla magistratura italiana, si ripercuotono anche dal punto di vista estradizionale, dove peraltro assume criticità altresì il requisito della doppia incriminabilità per taluni reati e, in particolare, per quello di associazione di tipo mafioso di cui all’art. 416-bis c.p., delitto non contemplato dall’ordinamento canadese ed “esportabile” soltanto a
612 Seduta del 9 novembre 2016, audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, resoconto stenografico n. 178. 613 Marco Del Gaudio, sostituto procuratore nazionale antimafia. Seduta del 9 novembre 2016, audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, resoconto stenografico n. 178. “Siamo quindi a un buon punto (…), perché, a seguito del primo incontro, ma ancor più dopo questo incontro, alcune attività di richiesta di atti riguardanti indagini compiute in territorio canadese sono state assolte e i colleghi canadesi ci hanno mandato gli atti, hanno dimostrato grande disponibilità nel mandare in Italia un investigatore che ha seguito le indagini sul territorio canadese, per illustrare gli esiti a cui sono giunti”. 614 Marco Del Gaudio, sostituto procuratore nazionale antimafia. Seduta del 9 novembre 2016, audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, resoconto stenografico n. 178.
determinate condizioni.615 Tuttavia, anche in questo caso, la Direzione nazionale antimafia segnala come, dopo le visite delle autorità italiane in territorio canadese, vi sono ragioni per un cauto ma crescente ottimismo. Grazie allo sforzo dei magistrati italiani, le autorità canadesi sembrano avere ora un quadro più chiaro delle condotte fattuali di cui all’art. 416-bis c.p., tanto da richiedere copia della sentenza Crimine, che si ricorda ha forza di cosa giudicata, sì da avere contezza, ad esempio, delle prove poste a sostegno della ricostruzione della ‘ndrangheta con tre mandamenti, della presenza capillare con vere e proprie locali e che rispecchiano fedelmente in Canada le strutture presenti in Calabria. Su questi presupposti l’autorità giudiziaria italiana auspica così che i giudici canadesi possano ricondurre tali fatti a delle fattispecie giuridiche anche di carattere associativo previste in qualche misura pure dal loro ordinamento.616 Ulteriormente a favore giocano le disposizioni delle richiamate nuove linee-guida di cooperazione tra Italia e Canada promosse dalla DNA, che prevedono forme di “consultazione preventiva” tra l’autorità richiedente e quella di esecuzione, così da assicurare che le richieste di assistenza vengano formulate d’ora in poi sempre nel pieno rispetto dei requisiti legali e quindi rimuovendo alla radice eventuali difetti di comunicazione tra le autorità interessate.617 Inoltre, è stato segnalato dal Ministero della giustizia come le procedure estradizionali tra i due Paesi scontino in qualche misura i complessi adempimenti richiesti dalla particolare formulazione della legge canadese sulle estradizioni del 17 giugno 1999. Le domande di estradizione processuale da inoltrare al Canada, infatti, devono essere accompagnate da un “fascicolo estradizionale” (o “fascicolo del processo”), contenente il riassunto delle prove che possono essere utilizzate nel procedimento penale in relazione al quale l’estradizione è richiesta, predisposto e sottoscritto dal pubblico ministero, e da una “dichiarazione legale”, che può anche essere redatta da un magistrato del Ministero della giustizia, la quale accompagna la copia autentica del titolo restrittivo e i testi delle norme incriminatrici e di quelle in materia di prescrizione. E’ così non di rado accaduto che, nonostante la localizzazione di ricercati sul territorio canadese618 e la presentazione da parte delle autorità italiane di una formale richiesta di estradizione, le procedure siano rimaste senza esito attesa la richiesta da parte canadese di informazioni suppletive sulle prove di appartenenza al crimine organizzato del soggetto ricercato.
615 Così Marco Del Gaudio e Salvatore Dolce, sostituti procuratori della DNAA. Seduta del 9 novembre 2016, audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, resoconto stenografico n.178. 616 Salvatore Dolce, sostituto procuratore nazionale antimafia. Seduta del 9 novembre 2016, audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, resoconto stenografico n. 178. 617 Cesare Sirignano, sostituto procuratore nazionale antimafia, seduta del 9 novembre 2016, audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, resoconto stenografico n. 178. 618 Nel novembre 2016 sono tredici i latitanti localizzati in Canada. Salvatore Dolce, sostituto procuratore nazionale antimafia, seduta del 9 novembre 2016, audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, resoconto stenografico n, 178.
Conclusioni
La valutazione generale della visita di studio che la Commissione sente di ricavare è che il Canada sconta la difficoltà, che il nostro Paese ha già sperimentato nelle regioni italiane diverse da quelle di tradizionale insediamento delle organizzazioni mafiose, ad ammettere la presenza delle mafie. Le differenze che intercorrono tra i due ordinamenti giuridici rappresentano, poi, un ulteriore ostacolo nella fluidità, tempestività ed efficienza del dialogo tra le rispettive autorità impegnate nella lotta al crimine organizzato. E’ stata percepita una sorta di resistenza culturale ad ammettere la vera pericolosità delle organizzazioni mafiose in Canada, nonostante i fatti di sangue che si sono verificati in passato e che continuano a verificarsi, anche ad opera delle cosiddette «bande di motociclisti» ormai sempre più utilizzate come nuovo braccio armato delle organizzazioni mafiose. E’ stato colto, altresì, un senso generalizzato di inconsapevolezza sul rischio vero che le organizzazioni mafiose rappresentano per quanto riguarda l’infiltrazione negli appalti, il gioco d’azzardo e, soprattutto, il riciclaggio di proventi illeciti. Ha fatto, tuttavia, eccezione l'incontro con le autorità del Québec le quali, attraverso la costituzione di un’autorità anticorruzione619, hanno offerto un inequivocabile segnale di concretezza nel tentativo di dotarsi di strumenti efficaci proprio in relazione al lavoro svolto dalla commissione Charbonneau istituita dal governo di quella provincia, commissione d'inchiesta non formata da parlamentari, presieduta da un magistrato, ma voluta dalla politica. La franchezza con cui è stato improntato il dialogo con i colleghi parlamentari canadesi ha consentito alla Commissione di affrontare in modo diretto le questioni aperte. L’auspicio è che nell’intero Canada, e non solo in una delle sue province, si rafforzi una sensibilizzazione della politica che produca effetti nella concretezza delle iniziative sopra illustrate e che sembrano ora procedere con un passo diverso rispetto al passato ma in un percorso ancora lungo da compiere. In prospettiva, la Commissione nella prossima legislatura non dovrebbe mancare di continuare nel sostegno degli sforzi sinora profusi, atteso che gli omicidi e le tensioni tra i diversi sodalizi e fazioni canadesi, di mafia e di ‘ndrangheta, sembrano volgere verso una ulteriore recrudescenza e conflittualità con inevitabili propaggini e ricadute anche nel nostro Paese. Nel dialogo politico bilaterale andrebbe, poi, curato in particolare il rapporto con i parlamentari canadesi di origine italiana che siedono nel Parlamento federale. La Commissione potrà senz’altro trovare in loro degli interlocutori attenti sulle vicende illecite e criminali che tendono a minare la solida immagine di laboriosità e correttezza che identifica la comunità italocanadese perfettamente integrata nel locale tessuto sociale e, utilizzando la stessa franchezza adoperata con gli altri parlamentari, esortarli ad un più diretto impegno politico antimafia e a farsi convinti promotori di iniziative legislative di più efficaci strumenti per il contrasto del riciclaggio e dell’infiltrazione criminale nell’economia legale.
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